L’incartatore seriale

Come si fa ad incartare il PSG? Speriamo di non rimanere incartati noi…”: parole strategiche di Carlo Ancelotti nei giorni precedenti a questo big match di Champions per togliere pressione ai suoi e darla agli avversari, i quali avevano sicuramente più da perdere. Il plurivincente allenatore azzurro, però, ne sa una più del diavolo e se non può batterli con la forza, allora lo fa con la tattica.
Dopo il Liverpool di Klopp, anche Tuchel se l’è vista brutta fino alla fine contro una squadra che, sulla carta, ha molti più deficit. Quasi un miliardo vale la rosa parigina, eppure Insigne e company hanno saputo fronteggiare in modo eccellente le incursioni dei fenomeni di casa impensierendo, al contempo, la difesa che più volte ha buttato palla sul pressing degli ospiti.
Carlo, genio ed esperienza, classe italiana al 100% che sul modo di mettere in campo i giocatori resta sempre la numero uno.
Ha deciso di ripuntare su quegli undici i quali al San Paolo hanno fatto l’impresa contro gli inglesi, convinto probabilmente che in Europa bisogni trovare un assetto più statico rispetto al campionato.

Difesa attenta, compatta, con i due esterni bassi poco propensi alla fase offensiva (Maksimovic non è mai arrivato dalle parti di Areola) per evitare ripartenze sanguinose di un Paris a trazione offensiva. Ci pensava il solito Callejon – autore del primo assist – a fare da collante nelle due fasi. Continui, inoltre, gli scambi tra i due piccoletti lì davanti: Mertens ed Insigne si alternavano come centravanti non dando punti di rifermento e il duo Marquinos-Kimpembe ha sofferto da morire questo continuo scambio di posizioni.
Egregia la prova di Fabián che non avrà trovato un altro splendido gol come ad Udine ma è stato fondamentale sia in fase di copertura a centrocampo che come trequartista/seconda punta dopo l’uscita del belga alternando il 4-4-2 con il 3-4-2-1. I suoi centimetri conditi da un buon piede e visione di gioco permettono di servirsene come attaccante aggiunto.

L’equilibrio tanto agognato dal mister sta prendendo forma, ma ieri il dominio del Napoli è stato dal ventesimo fino alla fine del primo tempo nettamente territoriale, rimarcando l’impostazione di gioco che Sarri ha inculcato loro con il tatticismo e la pazienza, grande virtù dell’ex Real, prettamente ancelottiana. Belli ed efficaci, tanti tocchi di prima, 10 per la precisione stile tiki taka che poi ha portato al grande pallonetto del numero 24. Ed è questa la forza di una squadra che ha dovuto imparare a diventare grande non solo col talento, che di certo non manca, ma che soprattutto con lo studio e con la pratica. Ancelotti è stato bravo a non disunire il gruppo, inserendo pochi innesti ma utili alla causa, conservando quindi l’ossatura che aveva fatto divertire tutti gli amanti del calcio, innestando la sua mentalità che permetterà al Napoli di fare quello step avanti.

Probabilmente tanti avrebbero firmato e stra-firmato un pareggio in casa di una squadra che è fra le papabili vincitrici della Champions. Due ore dopo c’è stato, invece, tanto rammarico per quei due punti persi perché si poteva chiudere la partita e perché la lezione data poteva trasformare questa impresa in una gara da manuale del calcio, da far vedere e rivedere. Di Maria e il suo ‘maledetto’ talento sinistro hanno stroncato un po’ il sogno di fare punti al Parco dei Principi, lì dove pochi hanno fatto risultato. Sfortunato, prima, l’autogol di Mario Rui che aveva giocato una buona partita fino a quel momento, supportato dallo straripante Koulibaly che, insieme ad Allan (illegale non convocarlo nella Seleção), è il vero guerriero di questo Napoli.

Al di là del risultato, come detto a tratti bugiardo, bisogna sottolineare come ancora una volta l’incartatore seriale, Carlo Ancelotti, renda ogni partita tutt’altro che scontata. Lui preferisce le Coppe… E si vede.

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