Quanto era mancato il grido (a metà) del Diego Armando Maradona?

Sembrano passati secoli, eppure era “solo” da un anno e mezzo che si erano chiuse le porte dello stadio ai tifosi, un divieto dovuto per un nemico più grande di noi. Un macigno enorme per chi aveva sempre visto le partite da una prospettiva diversa, totale e totalizzante per l’animo. Finalmente, dopo un impervio periodo di distanziamento e sicurezza, i varchi sono stati riaperti, non tutti ovviamente, ma la metà fortunata che è riuscita ad entrare stasera porterà nel cuore questo evento, al di là della vittoria, al di là del semplice gioco del calcio, perché si può dire che si è scritto un pezzetto di storia moderna difficilmente cancellabile. Una parvenza di normalità, un clima quasi mistico che ha permesso al Napoli di riabbracciare i propri fedelissimi, loro che non tradirebbero mai né la maglia né la bellezza di stare seduti sugli spalti.

Il grido (a metà) del Diego Armando Maradona mancava come il pane, una necessità reciproca per le squadre che, indubbiamente, beneficiano della carica e dell’energia motivazionale data da chi permette a questo gioco di esistere. Gli applausi e i fischi, i mugugni e l’esaltazione: un elisir magico che dà vita ad un crogiolo di sentimenti completamenti differenti in novanta minuti. Insigne più di tutti ha compreso che un capitano vero ha delle responsabilità più gravose. Ancor di più, poi, con chi ha speso parole d’amore nei suoi confronti, sperando in un suo imminente rinnovo che sancirebbe, così, un legame eterno con la sua Napoli. Il primo gol della stagione è il suo, su rigore certo, ma pur sempre pesantissimo dopo una partita che sembrava mostrare nuovamente i mostri visti contro il Verona.

L’espulsione di Osihmen aveva lasciato attoniti i tifosi, i quali fremevano per vedere il talento nigeriano in azione per la prima volta da vicino; poi il primo penalty sbagliato dal timoroso numero 24. La bravura di un gruppo che vuole fare della caparbietà il suo punto di forza, ha avuto poi la meglio su un avversario, il Venezia, fragile e palesemente impreparato. Questa volta no, non poteva sbagliare: Lorenzo ce l’ha fatta. A chiudere in bellezza ci ha poi pensato Elmas e lo stadio era un tripudio di sorrisi e mani scroscianti di applausi, con gli abbracci, quelli puri e sinceri che si danno pure vicino sconosciuti, purtroppo non ancora possibili. Buona la prima, insomma.

Anima, cuore, e cazzimma, quest’ultima richiesta a gran voce di mister Spalletti, alla fine si sono visti. E si chiude il sipario con la voglia di ritornare a urlare più forte che mai.

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