Lorenzo come Beethoven, tra la nona sinfonia e la cazzimma napoletana

Un fulmine azzurro (colore partenopeo) si è scaraventato sulla Polonia. Destra, sinistra, attacco, difesa, Lorenzo c’è. Il Capitano sale in cattedra, carica la squadra sulle spalle senza averne il dovere e disegna calcio. Tra gol sfiorati, gol annullato, e un assist, Lorenzo diventa Magnifico. Anzi, lo è sempre stato. Dimostrando, semmai dovesse essercene bisogno, che il numero 10 dell’Italia è lui. Che non c’è nessuno in grado di incidere come lui, quanto lui. Fondamentale per il Napoli, come per questa Nazionale.

E può creare fastidio a chi, Napoli, preferisce non nominarla. Ma a Lorenzo scivola tutto addosso. Quando è in campo quel ragazzo con barba folta e orecchino si trasforma in un direttore d’orchestra con giacca e papillon. Come Beethoven suona la nona sinfonia per Berardi che, in perfetto stile, chiude lo spettacolo de Il Magnifico. Leader. Pronto a difendere i suoi compagni, puntando il dito, senza pensarci due volte, in faccia a Lewandowski, facendogli capire chi comanda, che i bomber sono importanti ma chi muove i fili lo è di più, e quindi di restare al suo posto. Leader, con quella cazzimma napoletana sprigionata letteralmente su Goralski, facendo tremare la terra con il suo (R)inghio.

E non è Del Piero, Cassano o Baggio, come diceva qualcuno giorni fa per creare mero fastidio. Lui è Lorenzo, è il Magnifico. La Napoli d’Italia.

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