Rapina Insigne, tra fiera delle ovvietà e show di speculazioni

È bastato questo episodio per riaccendere nell’animo dei media nazionali la sete di alta moralità e vergogna per quello che è successo la scorsa sera ad Insigne. Prime pagine per la rapina al campione azzurro, servizi tragici che ripercorrevano le vicissitudini degli ex calciatori del Napoli andati via, secondo loro, per il terrore di vivere in una città così pericolosa.

Un verità cruda che accade, purtroppo, in tutta Italia.

Se qui però fa ancora scalpore, dalle altre parti si tratta di mera casualità, atti frammentari di delinquenza non abituale. Dare risalto ad una notizia del genere fa sicuramente gola a molti, meno importante della situazione capitata per la seconda volta, a distanza di un anno, alla capitale d’Italia.

Roma è stata di nuovo attaccata dai tifosi avversari pochi giorni fa, che come quelli olandesi i quali avevano preso di mira la “Barcaccia”, hanno in questa occasione, quelli turchi, gettato bombe carta e impaurito i passanti senza che nessuno fermasse tale inciviltà.

Si sa, senza ombra di dubbio, che una situazione inversa difficilmente – se non impossibile – sarebbe accaduta.

La fiera delle ovvietà e della cattiva informazione ha così preso il via in un valzer di racconti distorti e luoghi comuni come se non ci fosse un domani. Bisogna fare attenzione ad ogni parola, a saper adoperare quella giusta affinché chi non sa, possa avere un pensiero più o meno vicino a quello realmente verificatosi. I problemi sono sotto gli occhi di tutti, ogni metropoli – chi di più, chi di meno – ha i suoi, senza considerare che atti del genere avvengono ogni giorno, ma la tutela del cittadino lascia spesso a desiderare.

Non è questo il contesto in cui fare digressioni socio-politiche, ma si cerca di dare un giudizio equo su un fatto, che come detto, capita in tutte le città d’Italia. Dalla Milano di Icardi alla Torino di Pogba o alla Parigi di Ibra e Lavezzi. Dove c’è il bene purtroppo, c’è ancorato anche il male e se i personaggi presi di mira poi sono ricchi e famosi calciatori, allora ci si indigna di più. Un paradosso, certo, ma che ormai caratterizza il pensiero di tutti.

C’è chi subisce soprusi maggiori ma non per questo ha intenzione di lasciare la propria città, e chi per un episodio altrettanto spiacevole debba, per una strana concezione nostrana, desiderare di fuggire via, magari diretti nel paese dei balocchi. Come Cavani che per alcuni telegiornali sarebbe andato via dopo un consiglio spassionato della ex moglie, peccato che lei stessa abbia deciso di rimanere a vivere nel capoluogo campano con i due figlioletti (questo non è stato detto); Hamsik era dato già per partente ad ogni rapina, peccato che poi di andare via da Napoli non sia stata un’idea neppure accarezzata.

L’abitudine e la scontentezza di ciò che rimbomba su una disavventura del genere ha reso più facile il lavoro altrui e quasi sembra che si studi un copione mal scritto a memoria.

Si sa (e sarà sempre così), tuttavia, che fa più rumore un albero che cade che un’intera foresta che cresce.

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