BUTTO IL VECCHIO, PRENDO IL NUOVO – IL CONFRONTO: Osimhen vs Milik

Di punti in comune, in questo raffronto, ce ne sono davvero tanti ma – senza perdersi in tortuosi giri di parole – quello che risalta più all’occhio quando si pensa al polacco e al nigeriano è sicuramente la cattiva sorte che ha inaugurato il loro rapporto con il Napoli.

Arrivati con quattro anni di differenza ed atterrati a Capodichino rispettivamente con l’etichetta di acquisto più oneroso della storia partenopea, tanto l’ex Ajax quanto l’ex Lille hanno dovuto stemperare quasi subito le aspettative maturate durante le estenuanti trattive per delle cause non a loro attribuibili: un brutto infortunio.

Sebbene il rapporto tra la società e Milik sia ormai ai ferri corti, considerata l’ormai prossima cessione del polacco nella prima finestra di mercato disponibile, è innegabile che nel corso del tempo siano stati fatti reciproci tentativi e sacrifici per tenere in vita un rapporto che – professionalmente – finora non ha mai subito perturbazioni.
Arrivato per sostituire un gigante come Higuain, il buon Arek ha spiegato subito a tecnico e tifoseria che le sue doti sono totalmente diverse dall’argentino: ai break palla al piede sulla trequarti dell’argentino subentravano le sponde protettive del polacco; al terrificante destro da fuori area del ‘pipita’ si sostituivano le pregevoli punizioni fuori area di Milik.

Tenuta in considerazione la netta differenza che passava tra il nueve argentino ed il novantanove polacco, ecco che spunta il metro di paragone per valutare – invece – le analogie e le differenze con l’attuale nove, proveniente dalla Nigeria.

Osimhen arriva in azzurro con la palma di acquisto più costoso della storia di questo club e, con un paio di uscite, spiega subito il perché: avere una fisicità fuori dal normale, capace di creare un gap imbarazzante con qualsiasi altra difesa avversaria, è una dote che su un campo di Serie A solo in rare occasioni si è vista finora.

La presenza di uno come Victor lì in avanti ha messo in condizione Gattuso di sperimentare un impianto di gioco totalmente diverso ma che – fino all’infortunio dello scorso 14 novembre – ha ben pagato sia collettivamente, sia individualmente: due goal ed un assist in 560 minuti, meno di otto partite. Giusto per farsi conoscere.

La fortuna – e quindi la differenza – di beneficiare in rosa di uno come il ventunenne di Lagos piuttosto che di uno come Milik, sta nel fatto che mentre il secondo lavora per essere servito dalla squadra, il primo lavora per servire la squadra.

Nessuna colpa, soltanto una grossa differenza tecnico-tattica: il polacco ha caratteristiche fisiche e tecniche che gli richiedono di essere o servito in area per poter battere a rete, o di lavorare con due tocchi la palla al limite per cercare lo spiraglio di sinistro.
Osimhen, invece, per quanto visto finora ha mostrato una maggiore propensione alla profondità: cercare le sue imbucate fulminee costringe le linee difensive avversarie a scendere per inseguirlo, lasciando così enormi spazi alle spalle facilmente sfruttabili dalla tecnica dei vari Insigne, Mertens, Zielinski, Lozano e Politano.

Spostando il discorso da un piano tattico (quale quello appena affrontato) ad uno maggiormente tecnico, le differenze continuano a persistere ma in favore del polacco.
Il tempo avuto a disposizione per valutare le qualità di Osimhen è ancora poco, ma la sensazione che si è avuta nel vederlo giocare è stata quella di una tecnica ancora acerba: Milik, più del nigeriano, sa come controllare la palla tra i piedi e, soprattutto, sa come concludere a rete con eleganza e precisione.

Considerato l’inevitabile scenario che vede il polacco ormai lontano dal progetto azzurro, non ci resta che sperare un presto ritorno del nuovo numero nove azzurro, con l’auspicio che la giovane età lo porti ad affinare alcune delle tante doti che lo contraddistinguono.  

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