Leader incauto

November rain” cantavano i Guns N Roses nel lontano 1992. Un mese nero, non solo climaticamente, ma soprattutto metaforicamente per il Napoli che non riesce a trovare la luce in fondo al tunnel intrapreso maldestramente nell’anno che sarebbe dovuto essere della svolta. Carlo Ancelotti ha registrato un record negativo storico nella sua carriera macchiata, nelle ultime settimane, da una serie di eventi poco felici corroborati da una squadra che ha perso, finanche con i suoi senatori, la capacità di regalare gioie ai suoi tifosi. Ennesima prestazione che non sarà ricordata negli annali, in una Milano fredda e insicura più degli azzurri. Cinque minuti di vantaggio e poi Bonaventura ha punito con una frustata che ha messo k.o. Meret.

 

Non è bastato Lozano, finalmente protagonista, nemmeno il 4-3-3 finale con Mertens, Llorente e Younes al posto di Callejon, Insigne e Lozano. Mutano i protagonisti ma non il risultato e soprattutto la prestazione, con un possesso palla sterile e fine a se stesso. Le polemiche interne sono tutt’altro che passate e l’instabilità si percepisce palesemente. Il leader calmo omaggiato da tutti per la sua dote di gestore di campioni e non, ha mancato la sua missione principale, quindi quella di instaurare una mentalità europea, vincente, avanguardista, diventando più un leader incauto. Tutte qualità che oggi mancano infatti al suo Napoli, perché oggi è al 100% una sua creatura, seppur composta da pilastri di vecchia data.

Cambia la gara, però non il copione. E quindi il regista non manca solo in campo, a quanto pare.

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