Il Mattino: “Insigne, Ventura e quella promessa non mantenuta. Lorenzo in lacrime si sfoga con Sepe e Cassano”

Dalle lacrime versate in campo dopo il quarto di finale europeo perso ai rigori con la Germania a Bordeaux il 2 luglio del 2016, allo sguardo spettrale in panchina nel secondo tempo di Italia-Svezia, l’ altra sera a Milano. Non c’ è confronto. Quella francese era delusione di gioco, dopo un Europeo che annunciava, in ogni caso, un biennio di crescita e magari un Mondiale di gloria. Era un sogno, la Nazionale, ma lentamente si è trasformata nell’ incubo peggiore, perché Lorenzo Insigne è stato solamente un protagonista mancato di questo playoff. Il rimpianto di un’ Italia intera che non riesce a trovare pace per questo fallimento azzurro. «Dispiace non andare al Mondiale, abbiamo dato l’ anima, chiediamo scusa a tutti», dice quasi con un fil di voce in serata Si era illuso quando Ventura aveva dato il suo assenso a fargli indossare la maglia numero 10. Era convinto di essere divenuto un uomo fondamentale per questa Italia, esattamente come lo è con il Napoli con cui gioca senza sosta da 56 partite consecutive. D’ altronde, prima della Svezia, nel 2017, era stato titolare sempre tranne che nella gara con l’ Olanda. Per di più, era un’ amichevole. Invece no: il ct (praticamente ex) lo ha scaricato con una giravolta che è il simbolo del caos che ha governato le ultime ore del tecnico. «Io le scelte del mister le ho sempre accettate, non ho rimpianti. Per lui quelli che sono andati in campo erano gli uomini giusti e sulle sue decisioni non ho niente da dire», spiega ai microfoni di Sky Sport. È stata una lunga settimana, per Lorenzo.

Ventura gli ha parlato solo a Coverciano, quando gli ha spiegato i motivi per cui a Solna, nella partita di andata di quello che sarebbe stato un catastrofico spareggio, non avrebbe giocato. «Lo farai a Milano», gli avrebbe rassicurato. Sulla via di Stoccolma, infatti, Ventura aveva avuto una folgorazione: ha mandato all’ aria un 4-2-4 con Insigne intoccabile titolare virando su un 3-5-2 all’ improvviso. Dove Insigne per Ventura non può fare la seconda punta. È il baratro. «La nuova Nazionale? Mi metto a disposizione, come sempre. Spero di essere all’ altezza del ruolo che mi daranno», continua. L’ empatia tra Insigne e Ventura comincia lentamente a sfilacciarsi subito dopo Madrid: la sua prestazione viene considerata di basso livello, non all’ altezza. Il tecnico tira le somme dopo Israele, Macedonia e Albania: questa squadra non è il Napoli e Lorenzo con l’ Italia non è Insigne. Quindi, è l’ illusione del ct, la Nazionale può farne a meno. Ventura, come è giusto per un capo, decide di testa sua. Sceglie la sua strategia, la spiega, e la impone anche senza pretendere la condivisione. Infatti la squadra, che pure è fatta di senatori che fin dal Mondiale in Brasile non hanno nel cuore il destino di Insigne, prova a fargli capire che non è possibile fare a meno di lui. De Rossi, nel clima di anarchia totale, lo lascia ben capire. «Fai entrare lui che dobbiamo vincere», urla al preparatore Innocenti che lo invita a riscaldarsi. Lui è Insigne. Ventura tira dritto a testa bassa, sicuro delle sue scelte, mettendo in conto il rischio del fallimento personale. Andrà proprio così.

Insigne piange ancora, anche nella notte di Milano. Nello stadio dove ha segnato due dei suoi gol più belli, proprio al Milan che affronterà sabato sera. Ha pianto nello spogliatoio, con Jorginho e Immobile al suo fianco. In lacrime anche loro. Difficile comprendere perché Ventura lo abbia scaricato. Non lo sa neppure lui. «Sono deluso, non ho parole», confessa ai fratelli che sono con lui a Milano. Luigi Sepe, il portiere azzurro, suo inseparabile compagno nel Napoli, è tra i primi a provare a tirarlo su. Lo fa anche Cassano. Già, Fantantonio: la sua amicizia con lui sarebbe stata alla base delle frattura in Brasile tra Insigne e i vecchi della Nazionale. Ora però è tutto diverso. Si era illuso, Insigne che quello che aveva fatto con il Napoli negli ultimi tempi avrebbe potuto spingere Ventura a creare una Nazionale col vestitino su misura per lui. Un 4-3-3 a uso e consumo del fantasista di Frattamaggiore. Ventura in questa settimana non lo aveva mai illuso, lo ha giudicato un giocatore dalla forma imperfetta, non in grado di illuminare l’ Italia. O meglio, la sua Italia. E così Ventura è passato in poco tempo a trattare Insigne non come un trascinatore, ma come uno qualsiasi.

Nessuno scontro: Lorenzo ha accettato le decisioni del ct. Nonostante la sua fantasia, nonostante il fatto che quando la palla ce l’ ha lui, è come se arrivasse il Settimo Cavalleggeri. Ora c’ è il Napoli che lo attende. «Vogliamo lo scudetto, vogliamo essere primi anche a maggio. È l’ obiettivo di tutti noi», conclude. Maurizio Sarri gli ha dato la possibilità di ritornare a Castel Volturno solo questo pomeriggio. E Lorenzo ne ha approfittato per trascorrere una serata milanese con alcuni suoi familiari. È rientrato a Napoli in treno, ieri. La delusione era ancora tutta dipinta in volto. De Laurentiis, a Milano per la riunione in Lega sui diritti tv, ha contattato Insigne nel corso della giornata. Poi, all’ uscita della sede della Lega ha spiegato: «La responsabilità di tutto è di Tavecchio, l’ unico responsabile della disfatta è lui: ha tenuto un bravo allenatore che io ho mandato via dopo tre mesi in serie C. Se giochi con il 4-2-4 non puoi chiamare Insigne perché gioca in un 4-3-3 dove esprime il suo massimo livello. Se tu fai un danno alla società, impiegando in malo modo un nostro gioiello, questi gioielli a livello internazionale appaiono come non dovrebbero apparire. E così l’ Italia diventa una vetrina negativa e non espositiva. Perché all’ estero qualcuno potrebbe dire che valgono meno di quello che si dice. Che devo fare? Chiedere i danni a Tavecchio o alla Federazione? Fossi in Tavecchio me ne andrei subito per non fare la figura dello stupido. Ma mica solo lui, anche Uva. Anche il Coni ha delle responsabilità. Ma come si fa ad arrivare da Conte a questo allenatore?». E sul futuro non si sbilancia: «Il mio ct ideale? Un giovane di 35 anni…». La nuova Italia non potrà non ripartire da Insigne. E anche da Jorginho. «Mi dispiace tantissimo per come sia andata, l’ Italia non meritava tutto ciò. Avrei tanto voluto festeggiare la mia prima partita ufficiale con la nazionale».

Fonte: Il Mattino

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