Spettacolo Higuain, è lui il “Cinque maggio azzurro”! Manca ancora qualcosa, però, ad un giovinetto pieno di ardore…

“Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno. Scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar”. Nel 1821 Alessandro Manzoni scrive “Il cinque maggio” contemplando ma non citando direttamente Napoleone Bonaparte, analizzando le sue imprese e traendone un insegnamento di vita. I versetti 25-30 evidenziano un aspetto fondamentale di questo grande uomo: un personaggio il cui potere era così immenso da poter imporre la propria volontà grazie a vittorie fulminee ed imprevedibili. Su ogni campo di battaglia. In ogni stadio. Si, perché il “cinque maggio azzurro” è, senza dubbio, Gonzalo Higuain.

 

Come spaccare la miglior difesa d’Italia? Assedi interminabili, battaglia di nervi, opportunismo da calci piazzati? Niente di tutto questo: palla in mezzo, controllo del Pipita che porta a spasso due difensori, “siggiata” e, neanche a dirlo, rete. Tutto questo al secondo minuto di gioco. Come se niente fosse, in scioltezza e tranquillità. E poi pazienza, tanta pazienza. Si, perché nonostante la proverbiale fluidità del gioco di Sarri è difficile mettere in condizione Higuain di segnare. L’Inter (eccezion fatta per Nagatomo) non perde mai la testa, e il pressing ordinato dei nerazzurri impedisce a Gonzalo di costruirsi occasioni da gol. Ma la pazienza del campione e i nervi saldi di chi comanda sono sempre destinati a lasciare un segno.

 

Nessuno ci avrebbe creduto in quella testata di Albiol. Ma quasi quasi ci provo. Chi sono Handanovic, Murillo e Miranda, se per molte squadre sono stato l'”om fatale”? Magari non in modo così forbito, forse in argentino, fate un po’ voi, ma questi sono stati i pensieri che avranno percorso la mente di Gonzalo. E fu così che Mancini, per la seconda volta, vide il suo genio e tacque. Lui si, lo stadio intero no, non può fare a meno di sognare, celebrare. Celebrare un Higuain che finalmente fa l’attaccante, anche se non disdegna il lavoro per la squadra. Abile è stato Sarri nel saper costruire una squadra solida in mediana anche senza l’apporto difensivo del Pipita, chiamato spesso in fase di copertura. Oggi Higuain fa semplicemente Higuain. Aspetta, domina, inventa. Quando meno uno se lo possa aspettare.

 

Fu vera gloria? Al campionato l’ardua sentenza. L’unica cosa sicura è che il giovinetto cresce bene. Un giovinetto pieno di ardore, questo Napoli, ambizioso e pieno di speranze, ma che ancora si fa turbare dai pericoli e dalle avversità uscendone, però, sempre vincitore. Un’ambizione che ti porta, però, a sognare dall’alto del gradino più alto, dopo la polvere della scorsa stagione. Tutto ei provarono, sia il Napoli che Gonzalo: “la gloria maggior dopo il periglio, la fuga e la vittoria, la reggia e il tristo esiglio”. Un tempo nella polvere, adesso sull’altar. Ei furon un tempo immobili, agli altri il mortal sospiro.

 

 

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