Gonzalo Higuain, storia di una vita, emozioni di un amaro passato e di un presente roseo

Oggi vi voglio raccontare una storia. Si, proprio a voi, che adesso festeggiate il dominio assoluto azzurro. Perché dietro questo successo c’è tanto sudore, tante lacrime. Lacrime di chi ha vissuto in prima persona la delusione, lacrime di chi, dopo mesi, non è riuscito a scrollarsi da dosso quel pensiero, quegli undici metri che, forse, potevano fare la differenza. Siamo al San Paolo, dove arriva una Lazio in maglia rosso bordeaux. Il Napoli deve vincere, per riassaporare le note della vecchia Coppa dei Campioni.

Inserimento di Callejon, solo davanti a Marchetti, palla che sfila di pochissimo, sembra il preludio al successo azzurro. Parolo gela lo stadio, Candreva firma il raddoppio, Napoli traumatizzato. Ma quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare: sgroppata di Callejon, assist e tap-in di Gonzalo Higuain, pallone raccolto frettolosamente dalla porta, si può sognare l’impresa. Ancora un pallone in area, Higuain si gira, movimento da centravanti vero, destro che non lascia scampo a Marchetti, è 2-2. Manca solo la rete del sorpasso, per testimoniare che ai sogni, nonostante tutto, è giusto credere. Quel maledetto rigore, il Pipita dal dischetto. Troppa potenza. Occasione alle ortiche. Il Napoli crolla, e il resto lo conoscete. Contestazione, voci di mercato che terrorizzano, si aggirano come fantasmi tra chi vive di azzurro. Napoli si divide, “un vero campione è decisivo sempre!” contro chi canta “non è da questi dettagli che si giudica un calciatore”. Gonzalo subisce tutto questo, ma sa che questa storia non può finire così.

Quattro mesi dopo, torna una Lazio incerottata, contro un Napoli bisognoso di conferme. Si dice che Sarri adotterà un modulo che non esalta l’argentino, che lo lascia solo, con un avversario che rievoca vecchi ma mai sopiti incubi. Ed è un Napoli perfetto, anche se Keita fa tremare gli azzurri ad inizio gara. All’improvviso un pallone recuperato, frutto del perfetto connubio tra attacco e difesa, giunge tra i piedi di Gonzalo. L’occasione è irripetibile: opportunismo, tecnica e classe, difensore scavalcato, Marchetti può solo guardare, angolino basso, vantaggio Napoli. Higuain non si contenta della rete, e non assume i contorni di un semplice uomo d’area. Se i suoi partner d’attacco lo lasciano solo è lui stesso a fare movimento senza palla e a favorire l’inserimento dei compagni: chiedetelo a Mauricio, che si è fatto ingannare dal movimento senza palla del Pipita, favorendo l’inserimento con rete di Allan…

A Napoli è festa grande, ma gli azzurri non si fermano. Ancora una volta pressing, Koulibaly corre come un indemoniato, errore della Lazio che favorisce il recupero palla di Higuain, solo davanti al giovane Hoedt. Deve aver pensato molto, il Pipita, a quando lo definivano grasso e fuori forma, a quando dicevano che non sarebbe mai stato in grado di volare. Gonzalo non si fa problemi, spazza via tutto questo, dribbla il difensore, cannonata, doppietta personale. L’attaccante solo ora più solo non è, perché si stringe a lui lo stadio, che gli tributa il giusto omaggio, quello stadio che qualche mese fa era diviso. Torna la fiducia, si pensa con gaudio a quei quaranta milioni spesi per lui, che sempre lo identificheranno. Sconfitta pesante per la Lazio, chissà se Gonzalo si sarebbe mai aspettato una partita simile. Adesso immaginate, per un attimo, quanti pensieri, in questi mesi, fino ad oggi, hanno tenuto desto Higuain, fino alla gioia di oggi. Comprenderle può far capire come cresce un campione, e come gestisce il suo dolore. Tu chiamale, se vuoi, emozioni.

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