Ricordare Raúl Albiol

Mentre finivo di guardare con un po’ di malinconia e tristezza gli ultimi minuti di Atalanta-Napoli ho pensato di scrivere del mestiere di chi difende, di quanto sia complesso un compito che spesso scomponiamo in momenti precisi (i “tackle”, le scivolate, i contrasti). Per questo vorrei scrivere del talento di Raúl Albiol, dell’esperienza personale – poca, e quella poca di scarsissimo livello – che mi ha portato a capire che quella del difensore è una vita che si fonda sui fallimenti, sulle umiliazioni di chi ti dribbla perché ha un talento più raffinato. Quando assistiamo a un tunnel o a una veronica ci viene spontaneo gridare: «Oooohhh», anche se in quel momento un altro essere umano è stato mortificato. Anzi, in fondo se gridiamo «Oooohhh» è proprio per quello. È il football, ingiustizia al potere.

Raúl Albiol non ha una storia molto diversa. Prima dei trent’anni ha già passato anni in panchina al Real Madrid e in Nazionale spagnola, e l’esperienza del Napoli di Benitez non era stata positiva. Per certi versi, la carriera di Raúl rappresenta meglio di altre come si diventa un grande difensore. Ovvero come l’esperienza, la capacità di rialzarsi dopo un’umiliazione, la profonda conoscenza di tutte le sfumature del gioco possano incidere tanto quanto il talento.

L’eleganza è un prezzo da pagare

Se c’è una lezione che ho imparato dalle modeste partite che ho giocato a calcio (in difesa, perché ero troppo scarso per giocare davanti), è che l’arte del difendere è strettamente connessa alla resistenza mentale. È difficile passare tutto il tempo in cui sei in campo a provare a infastidire l’avversario e a obbligarlo a sbagliare, e farlo restando concentrati. In questo, Albiol era un fenomeno. O meglio, è diventato un fenomeno con il tempo. Nella prima parte della sua carriera è stato un centrale elegante, con grandi qualità tecniche ma tutto sommato mediocre.

Il suo punto di forza è ancora la «lettura» dell’azione più che i fondamentali che spesso associamo a un marcatore puro. Albiol non entra spesso in scivolata, ma quando lo fa è elegante e preciso, e soprattutto dà la sensazione di riuscire a tenere sotto controllo l’azione leggendola prima del suo avversario. Qui sotto c’è il video di un intervento su El Shaarawy, lanciato a tu per tu con Reina, in un Roma-Napoli del 2016. Anche se non è velocissimo, Raúl sfrutta l’esitazione nel controllo di El Shaarawy, che si era decentrato sulla sinistra. A quel punto deve solo frapporre sé stesso tra il pallone e la porta, e nella caduta colpisce Reina con un involontario gancio destro nello sterno, avendo la peggio.


In un’intervista del settembre 2013 a El Pais Raúl dice di invidiare a Piqué «l’uscita del pallone e i cambi di direzione», mentre di Sergio Ramos ruberebbe «il carattere vincente e la forza». «Deve migliorare nella gestione dell’uno contro uno, cercando di indirizzare la giocata invece di intervenire» aggiunse Sarri nel settembre del 2015. Ma se alcuni gesti tecnici nascono dall’esperienza, altri sono innati: «Tatticamente sono molto contento: Albiol è uno di quelli che cerca di recepire più velocemente possibile». Forse è stato questo il segreto di Albiol, e in generale dei grandi difensori: rubare e fare proprie delle conoscenze nel modo più efficiente e veloce possibile.

Completo

Anche se ha sempre avuto una certa padronanza del ruolo, unito al carisma di chi guida il reparto, è grazie al sistema difensivo di Maurizio Sarri che abbiamo potuto ammirare Albiol con continuità. «A Raúl ho fatto notare che sbagliava la postura in campo» ricorda Sarri durante la sua prima stagione: «Poi mi veniva da ridere perché avevo corretto un calciatore che ha vinto tutto, persino un Mondiale e due Europei con la Spagna».

L’applicazione dei principi del gioco di posizione di Sarri ha accentuato la sua capacità di gestire i momenti, sia con il pallone che senza. In un contesto collettivo e pensante tatticamente Albiol diventa uno dei migliori difensori della Serie A. Nella stagione 2017/18 il suo rendimento è impressionante: terzo nel Napoli per palloni toccati ogni novanta minuti (90.2), diventa il difensore che compie più salvataggi (4.2 ogni 90′), in media uno in più di Koulibaly. Quando il Napoli ha comprato Manolas ci si chiedeva se il greco avrebbe portato la stessa leadership di Raúl. Così non è stato: «Albiol era un professore della difesa, per caratteristiche tecniche, cioè per letture di situazioni, per capacità di intuire il progresso delle azioni» ha detto Massimiliano Allegri, in una recente intervista al Corriere della Sera.

via Gfycat

Oggi Albiol gioca nel Villareal, e nel momento in cui scrivo questo pezzo è quinto nella Liga. Sta giocando bene, e non sembra in procinto di ritirarsi. Comunque, qualche mese fa ha detto che vuole fare l’allenatore: «Può essere che io sia più tattico, non lo so. Ogni centrale ha il suo punto di forza, però alla fine, per giocare a questo livello serve avere un po’ di tutto». Nonostante la sua barba si sia ingrigita e in qualche modo indurita, simbolo dei moltissimi tackle sbagliati e degli anticipi fuori tempo, è difficile immaginare Raúl come allenatore. «Io vedo il calcio come Sarri» ha detto a Las Pronvincias; di sicuro non potrà essere uno di quegli allenatori capaci di trasmettere sé stessi in poco tempo: come si può spiegare l’intelligenza?

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