Maradona Jr: “Papà era ostaggio di queste persone. Mi ripeteva sempre queste parole”

Durante la trasmissione Gioco sporco-I misteri dello sport, in onda su Italia 1, Diego Armando Maradona Junior è ritornato a parlare della morte del padre:

Cosa ha pensato quando ha saputo della scomparsa?

“Il primo pensiero è stato c’è l’hanno ucciso!. Quando ho letto la frase la frase che il suo medico ha detto in una telefonata (‘il ciccione sta morendo’, ndr) ho pensato prima di tutto a come un medico si possa permettere di parlare in quel modo di un suo paziente. La seconda cosa che ho pensato non la dico, la ometto perché non voglio denunce. Ma lui lo sa, l’ha saputo, gliel’ho detta. Noi eravamo convinti dell’operato dei medici e di quello che stavano facendo. Ecco perché abbiamo pensato ce l’avessero ucciso. Quel giorno ho acceso la televisione e ho visto che tutti i notiziari, di tutte le reti, stavano dando la notizia. Ho chiamato mia moglie dicendole di dirmi la verità. E lei mi ha risposto ‘mi hanno detto che è morto’ “.

Dottor Luque?

“Il dottor Luque non era uno specialista per le problematiche di salute che aveva mio padre, che si era messo vicino tante persone che gli curavano gli altri aspetti. Noi figli avevamo creato un gruppo whatsapp con i medici perché non eravamo convinti di come gestivano le varie patologie che aveva mio padre, che era un ex tossico dipendente. Lui si portava dietro da tanti patologie come la mancanza di sonno o il fatto di non godersi le cose fino in fondo. Tutti strascichi che ti lascia la droga. Mio papà si fidava di Luque, anche se secondo me dentro di lui sapeva che non era la persona adatta per curarlo. Luque è uno caduto lì per caso, non sapeva neanche lui come avesse fatto a essere lì. C’era capitato, era stato messo là. La sensazione era quella di una persona che non era in grado di poterlo curare. Questa è la grande colpa di Luque”.

Sulle persone che lo hanno isolato?

“Io ho assistito a moltissimi litigi tra mio padre e il suo entourage, perché magari gli bloccavano qualcuno sul telefono e lui non se ne accorgeva perché non era pratico. Oppure c’erano persone che lo cercavano e magari non riuscivano a rintracciarlo per mesi. Lui impazziva per questa cosa, soprattutto se riguardava i suoi ex compagni. Anche perché poi non è che gli dicevano ‘ti sta chiamando Bruno Giordano, rispondi’. No, gli dicevano ‘ti sta chiamando quel rompiscatole di Bruno Giordano. Cosa rispondi a fare’. Gliela mettevano giù così. Era diventato ostaggio di queste persone, non del suo personaggio”.

Il suo rapporto con Maradona?

“Quando parlavo con lui mi diceva sempre ‘tu sei mio figlio e sei l’unico figlio che mi dà e non mi chiede’. E io gli rispondevo che dei suoi soldi non me ne fregava niente e che non doveva neanche dirmelo. Per esempio, quando gli regalavo qualcosa, come degli orecchini, lui mi diceva che tanto dopo due giorni, da quella casa, spariva tutto. Lui era consapevole di quello che gli stavano facendo però non ha reagito, non so perché. A me la cosa che mi fa più arrabbiare è che tutti dicevano che volevano bene a Diego, però poi gli facevano firmare i diritti d’immagine al 50%, non lo curavano, e l’hanno lasciato morire da solo. Io spero di non avere vicino a me gente così, spero di avere vicino gente che consideri il bene in maniera diversa. La gente era molto invidiosa di lui, ha attirato su di sé cosi tanta invidia anche perché si è sempre negato ai poteri forti. Mio padre è quello che ha detto no ad Agnelli e a Berlusconi”.

La lettera falsificata da Luque per farsi dare la cartella clinica?

“Queste sono cose che lascio alla magistratura e che mi fanno un po’ schifo. Lui era ostaggio di queste persone, mio padre aveva dei conti cointestati con questa gente. Si è sentito che questi soldi li divideva con uno e con un altro…Nell’ultima fase lui ha un po’ mollato, nel senso che era stanco sul tetto del mondo, che era stato a terra senza un soldo. Aveva provato tutto”.

Sulla sua scomparsa?

“E’ andato via troppo presto, questa è una cosa che io sento. Poteva vivere di più e stare con noi per più tempo. Lui aveva il desiderio di morire in Argentina per essere sepolto con i suoi genitori. Io e i miei fratelli non troveremo pace fino a quando lui non avrà giustizia. Non ho nessun rimorso, ho fatto tutto quello che dovevo che dovevo fare da figlio. Per riprendere la ragione e la razionalità c’è voluto un po’ di tempo. Non è stato un processo facile, anche perché accettare la morte di un genitore in circostanze chiare, non è facile”.

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