EDITORIALE – Spazzare, colpire, gestire

17 Settembre 2017 Stadio San Paolo Campionato Serie A Tim 2017/18 Napoli - Benevento nella foto: Foto - Agostino Gemito -DarosPhoto

La classifica parla chiaro: Napoli quasi sempre primo fino ad ora, solo l’Inter era riuscita per un paio di settimane a “strappare” il trono agli azzurri rivelandosi, poi, un fuoco di paglia. La lotta ferrata allo scudetto vede solo un’avversaria in questo momento, la Juve, e delle inseguitrici per la Champions che hanno delineato i pregi e i difetti.
Quel patto fatto ad inizio anno nello spogliatoio ha unito ancora di più i giocatori, che puntano sulla forza del gruppo per realizzare quello che per anni è stato solo un sogno.
Il percorso è lungo e tortuoso, mai mollare la presa nemmeno per un secondo in un campionato che non ti dà garanzie, sia che si giochi con la più forte che con con la ventesima.
Il Napoli, al di là di tutto, ha acquisito una maturità tale che il futuro non può non essere roseo.
In passato vincere “uno a zero” era un’impresa quasi impossibile, bisognava sempre fare goleade per avere la certezza di portare a casa la partita. Oggi la musica e finalmente cambiata.

Sono tre principalmente i punti di crescita da analizzare:

Spazzare: poche cerimonie, quando c’è da buttare via la palla bisogna farlo senza troppo spettacolo. Uscirsene nello stretto non può essere sempre l’unica soluzione, l’errore può trovarsi dietro l’angolo e sarebbe delittuoso regalare agli avversari occasioni evitabili.

Colpire: il gioco del Napoli, si sa, può essere deleterio per chi lascia troppi spazi agli avversari. Raramente una squadra, infatti, dà ampi metri d’azione agli azzurri perché se da un lato la velocità, la bravura nel saltare l’uomo e il dribbling sono caratteristiche di quei tre davanti, Insigne e Mertens in primis, o il taglio efficace di Callejon che elude il difensore è talvolta efficace, dall’altro una difesa chiusa mette in seria difficoltà l’attacco partenopeo. Per questo la rete di Dries contro l’Atalanta è un vero capolavoro di intelligenza tattica e – ovviamente – tecnica. Mettersi sul filo del fuorigioco, alla Inzaghi insomma, era davvero l’unico modo per arrivare in porta quando i 4 davanti Berisha hanno bravura e centimetri in più.

Gestire: nota dolente, perché solo una grande squadra sa difendere fino alla fine un risultato così. La Juventus giocando male, segnando poco, ha vinto diversi scudetti proprio grazie a questa facoltà di annichilire l’avversario nonostante il vantaggio. Ieri, in quel campo così difficile, il Napoli non ha mai veramente sofferto, se non per quel tiro prontamente parato da Reina di Cristante fuori area. Appunto, mai pericolosi gli orobici nel rettangolo più piccolo del campo.

Questione di voglia, concentrazione e grinta. Come quella di Allan, come di Koulibaly, come quella di un pubblico lì presente solo per incitare la squadra.
Peccato per l’episodio triste della bottiglina lanciata contro i calciatori dopo il gol, peccato per i soliti beceri cori razzisti.
Ieri hanno perso il buon senso e la civiltà, ma – al contempo- hanno vinto l’amore e la passione (quella vera) per questi colori e quell’obiettivo.

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