The wall

Arrivò alla fine di maggio del 2014 al centro di Castel Volturno con un sorriso, appena accennato, tenero e ingenuo che sembrava quasi contrastare con la sua imponenza fisica.
Rimase letteralmente senza parole quando, una sera come tante altre lì in Belgio, a Genk precisamente, arrivò la chiamata di un certo Rafa Benitez. Il mister spagnolo lo voleva a tutti i costi, già conscio che quel ragazzo dal talento grezzo potesse diventare un grandissimo giocatore.
Kalidou Koulibaly, una volta capito che non fosse uno scherzo (!), non se lo fece ripetere due volte e così, da quel sì, nacque la trattativa che lo portò all’ombra del Vesuvio.
Sono passati già tre anni e mezzo da quel primo incontro con la società, i nuovi compagni e l’allenatore. Il suo è stato un miglioramento costante, importante, decisivo per la consacrazione.

Non è stato sempre facile il percorso intrapreso, anzi, le evidenti difficoltà iniziali dovute sia ad un cambio tecnico sia tattico di campionato hanno pesato (e non poco) sul suo rendimento. La predisposizione fisica, sua arma principale, veniva talvolta surclassata da errori banali, spesso di distrazione.
Il primo anno con questa maglia fu, appunto, caratterizzato da alti – come la meravigliosa sfida disputata contro la Roma con la cavalcata fino all’area di rigore avversaria, passando per il ruolo inedito da terzino nella sfida in Coppa Italia contro l’Inter, in cui non sfigurò per niente – e da tanti bassi che gli costarono la panchina a favore di Britos.
La forza di un calciatore, però, sta in trasformare un periodo negativo in insegnamento per il futuro: la volontà di migliorarsi e la bravura nell’esaltare le importanti qualità innate sono stati i due elementi che hanno permesso al numero 26 di diventare, oggi, uno dei difensori più forti della Serie A e di Europa.

Se, appunto, Benítez lo ha scoperto, è stato mister Sarri ad aiutarlo, con un lavoro spasmodico di posizione e attenzione ai particolari.
È diventato, infatti, bravissimo nei movimenti, nel giro palla, facendo partire dai suoi piedi azioni pericolose – quasi trasformandosi in playmaker – per i compagni del reparto offensivo, stacanovista (ha saltato finora solo una partita per scelta dell’allenatore) e quasi invalicabile da chiunque; prova a segnare e sui calci piazzati è molto rapace, realizzando già due reti in questo campionato.

A 26 anni si può dire che sia maturato sotto ogni punto di vista, sposando il progetto Napoli dopo alcuni mesi piuttosto turbolenti che però, fortunatamente, hanno portato ad un rinnovo sostanzioso fino al 2021.
È stata davvero una meravigliosa rivelazione, un investimento ottimale sia per gli azzurri che per la sua carriera.
Sulle sue tracce, inevitabilmente, ci sono club di tutto rispetto, come il Chelsea di Conte ad esempio, il quale lo ha corteggiato a lungo offrendo anche una cifra considerevole per il suo cartellino, prontamente rifiutata da De Laurentiis. Un segno tangibile per far capire che al centro di questo progetto il franco-senegalese riveste un ruolo da attore principale, la cui importanza è sottintesa da un contratto privo di clausola rescissoria.

I tifosi napoletani ormai lo considerano un idolo, un componente di questa grande famiglia non facendogli mancare mai l’affetto soprattutto in episodi poco piacevoli successi come a Roma contro la Lazio due anni fa, in cui fu preso di mira da fischi razzisti. Al San Paolo tutto lo stadio indossò, nella partita successiva, una maschera raffigurante il suo volto, in segno di solidarietà e amore, quello vero.

Insomma, oggi Koulibaly è insostituibile, pragmatico, incontrastabile.
Sarri lo ha plasmato rendendolo un giocatore formidabile; lo stesso Kalidou ha completato l’opera mettendoci impegno, costanza, coraggio.

Un big a tutti gli effetti.

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