EDITORIALE – La magia di segnare il primo gol in carriera nello stadio del proprio idolo

Non capita tutti i giorni di fare un gol al Manchester City di Guardiola, soprattutto se hai da poco compiuto vent’anni e puoi vantare già due partecipazioni in Champions. Non avrà dimenticato certamente la notte magica, seppur triste per il risultato, al Bernabeu di Madrid; indubbiamente rammenterà a vita quella all’Etihad stadium .

Al minuto 71 circa l’arbitro spagnolo Lahoz assegna il secondo calcio di rigore a favore degli azzurri, dopo il primo fallito da Mertens. Probabilmente il belga, già non in serata, non si sente tanto di ritirarlo. Allora chi lo batte? Come un veterano, un leader, Amadou Diawara prende il pallone fra le mani chiedendo il “permesso” al compagno di poterci provare lui.
Forse era già da tempo il suo sogno segnare proprio contro quella squadra, perché lui ha sempre ammesso di ispirarsi a Yaya Touré, suo idolo da quando ha iniziato a giocare a pallone.
Ieri non era in campo, ma dalla panchina avrà potuto vedere il coraggio mostrato dal numero 42, tra l’altro numero scelto proprio per omaggiare il fuoriclasse ivoriano.

Quella rete segnata piena di rabbia, emozione, adrenalina, freddezza non ha un’importanza meramente numerica, cioè quella del suo primo gol in carriera, ma racchiude l’ambizione è il sogno di un ragazzo che ce l’ha messa tutta per vivere questa meravigliosa realtà. Non era stato il migliore in campo, anzi, fino a quel momento le sue qualità erano state oscurate dalle qualità tecniche e tattiche degli attaccanti e mediani inglesi; ovviamente in queste partite l’esperienza conta tantissimo, lui però – nonostante qualche errore di troppo – si è preso in mano il Napoli, permettendo agli azzurri, dunque, di tornare a casa con un risultato leggermente più piacevole. Peccato aver vissuto tutte queste sensazioni bellissime portando con sé una sconfitta. Avrà il tempo per ripensare a quel momento vissuto intensamente, avrà una storia da raccontare in futuro, la prima di una lunga serie.
Avrà il tempo di crescere, di maturare, di essere sempre più consapevole che la sua personalità potrà essere l’arma in più, perché nel calcio oltre le gambe servono anche gli attributi.

“Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio. Chi è capace di soffrire alla fine vincerà”.
(Mahatma Ghandi)


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