La Gazzetta: “Italiane in Europa, che flop! Psg e Liverpool? L’errore è stato un altro”

Carlo Ancelotti, allenatore del Napoli.

Anatomia di un disastro non annunciato. Diciamo la verità, in pochi quest’ estate avrebbero immaginato che a metà aprile saremmo già stati fuori dalle coppe. L’ arrivo di Ronaldo alla Juve faceva rima con Champions, se non la coppa almeno la finale. Invece. Umiliata dalla baby gang dell’ Ajax. La semifinale dell’ anno scorso della Roma spettacolo poi, che nel frattempo si era rinforzata, faceva sperare di avere un’ altra squadra per lottare ai vertici. Invece. Eliminata da un Porto tutt’ altro che irresistibile, vista la fine che ha fatto col Liverpool. E Napoli e Inter? Da una parte l’ arrivo del re di coppe Ancelotti lasciava presagire un cammino diverso dalle ultime stagioni. Come per la corazzata Inter. Invece. Fuori addirittura ai gironi. Certo, per loro due gruppi da paura. Insigne e compagni contro Liverpool e Psg. Ma in fin dei conti sono stati il pareggio in trasferta e il gol preso in casa con la Stella Rossa a far loro perdere la qualificazione per differenza reti col Liverpool. L’ Inter aveva Barcellona e Tottenham, ma è stata eliminata per il pari nell’ ultima sfida in casa contro l’ anello debole, il Psv. Sfortuna? Anche. Ma qualcosa è mancato in fatto di personalità, sicurezza nei propri mezzi, serenità anche. E lo si è visto poi in Europa League, abbandonata per ultimo dal Napoli ieri. Un annus horribilis.

TRIONFI TROPPO LONTANI L’ ultima vittoria in Champions, si sa, è di 10 stagioni fa, firmata dall’ Inter di Mourinho. Ultimo acuto degli anni Duemila, dopo i trionfi del Milan di Ancelotti. Per l’ altra coppa entriamo nella preistoria: Parma ’98-99, l’ Europa League era ancora coppa Uefa. Troppo poco, per la nostra storia. Dal 2009-2010, sono seguite stagioni con exploit sporadici (Juve 2 volte in finale) che non hanno trascinato il carro del calcio azzurro e altre con bilanci tremendi. Nel 2013-2014, per dire, in Champions il Milan non superò gli ottavi, Napoli e Juve i gironi. Nei due anni post vittoria dell’ Inter solo due squadre sbarcarono ai quarti di Champions (una volta l’ Inter e una il Milan) e nemmeno una centrò gli ottavi d’ Europa League.

A METà DEL GUADO Forse la sconfitta della Juve farà bene al futuro, perché ha confermato con prepotenza che, al di là dei giocatori, bisogna rimettere il gioco al centro del villaggio. L’ anno scorso la Roma eliminò con merito il Barça, la Juve per un pelo non faceva il capolavoro col Real, giocando un gran calcio. Come contro l’ Atletico nel ritorno ottavi. Il Napoli ha fatto paura al Liverpool, candidato alla finale. Segnali forti di rinascita. Ma sembra che le italiane non si decidano a fare il salto definitivo in favore del gioco. Restano a metà del guado. Appena le cose si mettono storte, appena manca una pedina fondamentale nel meccanismo di squadra, appena il gioco si fa duro, ecco che viene a mancare il coraggio, che si ripensa a come ottenere il risultato tradendo il nuovo corso. Facendo un passo indietro. Campionato poco allenante? Ok, ma non è che l’ Eredivisie lo sia. E se il problema è il ritmo, si deve ovviare con la preparazione. Non è possibile che tutti corrano più di noi. Conte lo ha detto: «Da altre parti gli allenamenti sono più intensi». Magari meno pesanti, ma più intensi. Impariamo. Infine i giovani, il solito atavico problema. In nome del risultato, in Italia crescono a singhiozzo. Guardate Kluivert: era uno dei migliori dell’ Ajax, alla Roma fa spesso panchina.

ESEMPIO AZZURRO C’ è un esempio in casa da seguire: la Nazionale. Mancini ha sposato la filosofia dei giovani, del gioco e anche del ritmo. Quella è la strada. E se non si vince subito, pazienza.

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