Repubblica, ancora frecciate di Strinic a Sarri: “Con lui avrei perso la nazionale”

A seguito delle prime dichiarazioni rilasciate poco dopo il suo arrivo in blucerchiato, Ivan Strinic si è ripetuto ancora una volta ai microfoni del quotidiano genovese di Repubblica, muovendo ancora critiche verso il proprio ex allenatore.

In questo caso l’ex Dnipro si è soffermato anche su alcuni particolari extra calcistici, denotando come a Genova la gente gli permetta di avere una vita sociale più tranquilla rispetto all’eccessivo calore di Napoli.

Ecco uno stralcio dell’intervista:

Lei ha detto: a Napoli soffrivo. Dura guardare sempre gli altri. E’ vero che a 30 anni ha pensato persino al ritiro?

“Al ritiro proprio forse no, era un esempio. Però che non ce la facessi più è vero. Ero venuto in Italia con grandi speranze, avevo scelto il vostro campionato perché so che fa migliorare molto i difensori, lo avevo capito con mister Reja a Spalato, avevo optato per Napoli, pur avendo offerte da Inter e diverse squadre inglesi, per il calore della gente, per la passione dei tifosi che ricorda quella del mio paese. Due anni e mezzo e non è andata come volevo. C’era chi, come Maggio, giocava anche meno di me. Ma stare ai margini non mi rende felice. Ho bisogno di fiducia. Di sentirmi parte integrante di un qualcosa. Per essere stimolato. E poi, continuando così, sapevo che avrei perso la nazionale. Già ora non mi chiamano. E’ giusto. Con la Croazia non giochi tutte le settimane, devi sparare tutto in una volta sola. Bisogna essere al top. Non è possibile se in Italia giochi ogni tanto”.

A fine anno va in scadenza di contratto. La Samp sarà una priorità?

“Dove c’è il mare, c’è tutto, sono qui da tre settimane e mi trovo benissimo. Rispetto a Napoli è un altro mondo, là non potevi uscire, qui a volte manco ti riconoscono. Mia moglie Ivana è felice, i miei due figli Marta e Pietro anche. Vivo tra Quarto e Quinto, siamo casalinghi, la sera usciamo poco, ma abbiamo già capito che vivremo molto bene. I presupposti ci sono tutti, poi però c’è il campo. Che senso ha dire qualcosa oggi?”

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