Il punto di svolta di Lorenzo Insigne

Fonte foto: Azzurri

Chi ha visto giocare Lorenzo Insigne dal vivo, non avrà potuto fare a meno di notare una dissonanza nel suo modo di trattare il pallone. Riflessivo, essenziale e preciso al millimetro quando deve ripulirlo o passarlo, diventa frenetico quando la sfera va solamente messa in porta. È la contraddizione più grande di Insigne, oltre che quella che gli viene più spesso imputata: può un attaccante esterno avere come difetto la finalizzazione? Di quanti errori sotto porta si è macchiato Insigne nei suoi nove anni con il Napoli?

Eppure, per chi ha visto davvero giocare Insigne dal vivo risulta difficile arrivare a porsi la prima domanda. Non tanto perché i suoi difetti siano meno evidenti dalla curva o dai distinti: semplicemente perché è difficile non innamorarsi di come Insigne tratta il pallone, anche lontano dalla porta. Di come i suoi movimenti offensivi disordinino le difese avversarie, permettendo – anche quando non arriva lui al tiro – di liberare un compagno (spesso Mertens) tra il centrale e il terzino.

Leadership

In realtà, lo status di Insigne è ancora profondamente divisivo, sia nell’ambiente vicino al Napoli che in quello affezionato alla Nazionale. Lorenzo Insigne è ritenuto da una grande fetta di tifosi e appassionati incompiuto o incomprensibile. In nove anni, i tifosi del Napoli ne hanno ammirato la crescita e gli sbagli – molti –, e si sono persino sentiti rinnegati (nel 2014, contro l’Athletic, Insigne uscì tra i fischi scaraventando all’aria la maglia del Napoli).

Nonostante le polemiche, Insigne è ancora la luce del Napoli e della Nazionale. È il capitano a casa sua (Napoli è davvero la casa di Insigne?) e il numero dieci dell’Italia. L’illusionista che tira fuori la giocata decisiva dal cilindro, anche se non ha un repertorio ampio come quello di un mago. Perché stoppare e passare la palla, in fondo, è il suo vero – forse unico? – talento, la cosa che lo rende inarrivabile, almeno in Serie A.

Nelle pagelle della partita di ieri contro la Polonia in Nations League, La Gazzetta dello Sport ha definito Insigne “maradoneggiante”. Non è la prima prova di forza di Insigne con l’Italia, anzi: è la conferma della leadership che il numero 10 ha raggiunto anche al di fuori della sua comfort zone. L’assist per Berardi è la manifestazione del suo intero repertorio: dalla ricezione nel mezzo spazio di sinistra, all’imbucata verticale con un lieve intermezzo, proprio dei grandi centrocampisti offensivi, che è il controllo orientato.

Insigne e la storia

Ho visto giocare Insigne dal vivo due volte negli ultimi quattro anni. In entrambe le occasioni l’ho visto sia sbagliare gol quasi fatti che inventare giocate impensabili già solo per i suoi compagni di squadra. Nel dicembre 2018, contro il Frosinone, calciò sul piede di Sportiello un pallone che avrebbe potuto piazzare con calma sul secondo palo. Allo stesso modo, nel gennaio 2017 contro il Pescara – nella piena fioritura del Napoli di Sarri – giocò un passaggio tagliente per Callejon dal vertice sinistro dell’area, che permise allo spagnolo di calciare a pochi metri dalla porta. Nonostante tra il pallone e Callejon ci fossero tre difensori avversari.

Ieri, contro la Polonia, Insigne mi è sembrato di nuovo quel giocatore imprevedibile e geniale; bizzarro, ma efficace. E il contesto della Nazionale lo sta aiutando, sia dal punto di vista tattico che caratteriale. Nel 4-3-3 di Mancini, Insigne trova la sua posizione ideale come vertice sinistro del tridente; posto da cui può associarsi con Emerson e Locatelli, formando continui triangoli.

La heatmap di Insigne contro la Polonia. Fonte: Corriere dello Sport.

Come mostra l’heat-map della partita di ieri, la zona di influenza di Insigne è molto fluida: ama spostarsi al centro per ricevere il pallone, per cercare un assist o creare pericoli. Contro la Polonia è stato il calciatore più creativo in campo, con tre passaggi chiave e completando l’88% dei passaggi. Non solo: quando c’è stato da combattere anche verbalmente contro gli avversari, Insigne è stato un leader.

Forse anche il gesto con la mano con cui ha invitato alla calma Lewandowski non è solo un meme. Non può esserlo: è il punto di svolta (caratteriale) del capitano del Napoli e del leader assoluto di una nazionale giovane e vivace. Insigne non sarà mai Baggio, e neanche Del Piero. Probabilmente non è il fuoriclasse che ci eravamo abituati a pensare, perché ha dei difetti che a 29 anni sembrano difficili da estirpare. Ma siamo sicuri che il Napoli e l’Italia potrebbero prescindere da lui?

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