Udinese – Napoli, dai meriti dei friulani al crollo verticale degli azzurri: fra speranza e applausi non ci resta che…

    Pranzo della domenica indigesto, come non mai forse, per i tifosi azzurri: il Napoli, nell’anticipo delle 12 e 30, crolla a Udine e permette alla Juventus di volare a più sei dopo la vittoria di ieri contro l’Empoli. Una gara strana, di certo anomala e forse inedita quella della squadra di Maurizio Sarri che quasi mai, forse solo a Bologna (e anche in quel caso si giocava a ora di pranzo), era scesa in campo così priva di convinzione e mostrato un gioco così lontano da quello bello ed efficace che ormai è diventato il marchio di fabbrica dei partenopei.

    MERITI BIANCONERI – Provando ad analizzare la gara con lucidità, vanno ovviamente sottolineati i meriti degli avversari: i friulani, forti del cambio d’allenatore, hanno preparato la partita in modo davvero impeccabile e in campo tutti hanno disegnato una traccia tecnico-tattica ben chiara, una traccia condita da un’intensità che, purtroppo, gli azzurri non hanno sostenuto stavolta. Sulla corsia di destra (quella sinistra del Napoli) l’Udinese, nel primo tempo in particolare, ha fatto il bello e il cattivo tempo: con Insigne e Ghoulam decisamente in giornata no e Hamsik che ha dimenticato troppo spesso di garantire supporto al terzino algerino, gli uomini di De Canio hanno sempre creato superiorità numerica e non a caso le azioni che hanno portato ai due rigori e al gol del 3-1 sono partite da quella zona di campo. In tutte le altre zone di campo, poi, le marcature a uomo sugli uomini chiave dell’orchestra azzurra (vedi Jorginho) e l’intensità di gioco hanno impedito al Napoli di fare la gara desiderata. Una lettura della gara, ahi noi, decisiva per il risultato finale.

    CROLLO PARTENOPEO – Sottolineati i meriti dell’Udinese, va anche fatta un’analisi del crollo azzurro: perché il Napoli, oggi, davvero non c’era. Stanchezza mentale, più che fisica forse, gli uomini di Sarri hanno dato, sin dall’inizio, l’impressione di essere scesi in campo con l’approccio sbagliato. Troppi gli uomini chiave che hanno “toppato” la gara (Hamsik e Insigne su tutti). Sarri, non con l’intenzione di alimentare una polemica, lo aveva detto: “Giocare sempre dopo la Juventus non è facile”. La pressione, dopo tante giornate di testa a testa, si fa sentire a questo punto del campionato e oggi anche questo (non è un alibi) ha influito così come quell’impressione di aver “consegnato” alla Juventus il campionato. Un’impressione che, col passare dei minuti, aumentava fra i giocatori in campo e i tifosi a casa. Nel finale, poi, la rabbia di Higuain e la resa di chi è rimasto in campo hanno confermato quella brutta impressione. Un crollo verticale, doloroso e duro da digerire, ma un crollo che non può farci dimenticare quanto di fantastico fatto da questa squadra fino ad oggi.

    NON CI RESTA CHE… – Cosa resta? In che condizione il dopo Udine metterà squadra e tifosi? Se la matematica è una speranza, la logica rischia di essere una sentenza: sei punti di vantaggio, in sette giornate, sono tanti, anche se il calcio ci ha regalato storie di rimonte ai limiti del possibile. Quello che però alimenta ancor di più il pessimismo è la possibilità, davvero remota, che questa Juve perda ben due gare. Mollare ora, però, sarebbe un suicidio. Il Napoli ha il dovere morale di continuare a crederci, anche in queste ultime sette giornate, come fatto fin ora e poco importa se l’obiettivo, il sogno, ora è più lontano. Quello che resterà, di certo, sarà la splendida stagione che gli azzurri stanno disputando. Fra speranza e pessimismo si batteranno comunque le mani per questi ragazzi. Restano, quindi, ancora sette battaglie, un pizzico di speranza e la certezza di un grande abbraccio, comunque vada a finire, tra squadra e tifosi.

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