“Fig. Regolare, distribuire con equilibrio qlco. di cui si dispone”. Questa è la definizione presente nel dizionario della lingua italiana alla voce “gestire”. Un verbo quanto mai legato al modo di essere (“con equilibrio”) e di lavorare di Carlo Ancelotti.
Il tecnico di Reggiolo, per la partita di ieri sera contro l’Empoli, ha adottato infatti ben sette cambi di formazione: dal portiere (Karnezis per Ospina) a metà difesa (Maksimovic-Malcuit), passando per la rivoluzione a centrocampo, dove Rog e Diawara continuano però a stentare.
L’Empoli, invece, si è schierato con un anomalo 4-3-2-1, disegnato da Andreazzoli per dare più compattezza e dinamicità al centrocampo toscano. Proprio nella zona nevralgica del campo si è distinto il talento ex Arsenal Ismaël Bennacer.
Il regista empolese ha stupito soprattutto per la visione di gioco e la quantità di tocchi per i compagni. Si pensi che la percentuale di passaggi riusciti dell’algerino, dall’inizio della stagione, sfiora il 90%, numeri toccati in Italia, oltre che da Pirlo, solo da Jorginho.
Gioco tra le linee
Nel calcio i moduli avranno anche una loro personale importanza, ma ciò che conta e che delinea il confine tra vittoria e sconfitta è il saper approfittare delle debolezze altrui.
E il Napoli lo ha fatto alla perfezione. Perché se, come confermato anche da Ancelotti, “l’Empoli ha giocato meglio di noi”, decisive sono state le posizioni di due tra i calciatori più duttili mentalmente del Napoli: Insigne e Fabián.
Il 4-4-2 asimmetrico degli azzurri è diventato spesso un 4-2-3-1 estremamente asimmetrico (come visibile nella foto di cui sopra), nel quale Ruiz e Zielinski occupavano due porzioni di campo diverse.
Mentre il polacco si defilava sull’esterno, infatti, il numero 8 azzurro approfittava dello spazio lasciato dall’Empoli tra difesa e centrocampo, offrendo continue soluzioni di passaggio al portatore di palla, chiunque egli fosse.
Pressing a intermittenza
Uno dei fattori che ha contribuito all’exploit dell’Empoli, va sottolineato, è stata anche la mediocrità del pressing del Napoli. Insigne e Mertens hanno rincorso per tutto il match i difensori toscani, ma solo di rado sono stati aiutati dai centrocampisti. L’effetto creatosi è stata una pressione a intermittenza, che ha concesso molto palleggio agli avversari.
Il nodo sull’argomento della pressione in fase di non possesso continua a non sciogliersi. Se nel recente passato Sarrista, infatti, la squadra partenopea aveva un’identità precisa, ora sembra latitare in sicurezze. La libertà di interpretazione non sembra ancora aver dato i frutti sperati da Carlo e il suo staff tattico.
Problema n.42
Diawara, del resto, è il calciatore che ha sofferto di più questo cambiamento: l’imposizione della scelta individuale e non più collettiva e schematica sembra deturpare le qualità, pur ottime, del guineano, ancora alla perenne ricerca di se stesso.
Una soluzione va comunque trovata, al di là delle difficoltà dei singoli. Adattarsi è doveroso, altro discorso è non sapere quando alzarsi, quando gestire le energie e i momenti morti. Proprio questa, unita alla superficialità eclatante dei centrocampisti, è la principale causa dell’irritazione di Ancelotti, spesso contrariato con le letture dei suoi.
Più verticali
Non è in dubbio che l’Empoli meritasse un risultato finale meno ampio. La squadra di Andreazzoli paga la misera qualità realizzativa, che trova nel solo Caputo un esponente di riguardo: Zajc, Krunic et similia non impensieriscono mai il portiere avversario.
Dall’altra parte, invece, un Napoli meno bello, ma più verticale ha messo in mostra tutte le sue qualità migliori: ovvero quelle offensive. Mertens si è divertito da matti, allargandosi e accentrandosi a suo piacimento, offrendo goal (ben tre) e l’assist per Milik.
Il prossimo impegno è da urlo. Contro il PSG servirà la migliore delle prestazioni possibili per portare a casa un pass per la qualificazione. Il campionato, come dice Carletto, è ancora lungo, la Champions no. Dunque, testa all’Europa. Finché Cavani non ci separi.