E venne il giorno del silenzio assordante, senza equilibrio

    Alla vigilia della settimana che può segnare in maniera importante la stagione del Napoli, la sconfitta contro la banda di ragazzini terribili dell’Atalanta ha scatenato l’opinione pubblica rispolverando dopo quattro mesi l’ascia di guerra con su scritto “Io lo avevo detto”.

    Nel silenzio assordante della società sportiva calcio Napoli,  chiusa in un inspiegabile mutismo verso la stampa, dopo le parole inopportune del suo presidente a valle del match con il Real Madrid, arriva la sconfitta interna contro l’Atalanta, dopo 14 risultati utili consecutivi in campionato, che dà il via ai sommari processi di metà stagione. Tutti sul banco degli imputati: tecnico, giocatori, presidente e persino tifosi che si sono “permessi”, secondo qualcuno, di applaudire la squadra a fine gara mentre l’avrebbero dovuta fischiare.

    Siamo al teatro dell’assurdo. Premesso che non è stata la migliore prestazione sia nei singoli che di squadra del Napoli, bisogna anche dare i meriti agli avversari almeno questa volta. I ragazzini terribili di Gasperini, che da anni rappresentano il miglior vivaio nazionale, hanno dimostrato una voglia in campo che manca a molti degli azzurri, alcuni dei quali distratti da tempo da vicende esterne al campo e terribilmente involuti rispetto a quanto visto lo scorso anno o mesi fa.

    La lezione della gara di andata non è forse servita né ai giocatori né a Sarri per rendersi conto che gli orobici, ancora una volta, sono stati in grado di mettere il guinzaglio agli attaccanti azzurri annullando la fonte di gioco e chiudendo le fasce. Ma senza perderci in un’analisi puramente tattica, in cui si può dire tutto e il contrario di tutto, il tema principale su cui bisogna riflettere e soffermarsi, dopo la sconfitta di ieri, è la mancanza di equilibrio di tutto l’ambiente intorno al Napoli che è la cosa più preoccupante alla vigilia di un trittico fondamentale per il prosieguo della stagione.

    Fino a meno di due settimane fa, il Napoli era una macchina perfetta e Sarri ne era il suo maestro da beatificare per quello che era riuscito a fare dopo aver perso in tre mesi, da agosto ad ottobre, due centravanti, pescando il jolly Mertens come il coniglio dal cappello magico, che gli aveva permesso di raddrizzare una stagione che in altri casi avrebbe visto gli azzurri probabilmente già fuori da tutti gli obiettivi principali ben prima di questa settimana. Da ieri il Napoli è una macchina da rottamare e il suo tecnico un “bidello” più che un maestro. Ecco che qui entra in gioco il termine equilibrio.

    Subito dopo Natale, in una delle ultime apparizioni in sala stampa di Maurizio Sarri, un tema su cui si era voluto soffermare, era la mancata capacità di questa squadra di soffrire e imparare a vincere sporco. La vittoria contro la Sampdoria ne è stata l’emblema, con i tre punti raccolti al 95’ dopo una gara che per molti tratti è parsa simile a quella vista ieri con l’Atalanta. Da quei difetti di fondo il Napoli sembrava esserne uscito vincendo ancora a Milano e in casa con il Pescara e passando due turni di Coppa Italia per poi inciampare in casa con il Palermo, denotando ancora una volta poca dimestichezza con le squadre che si chiudono in 6 in difesa e ripartono con rapidità.

    Poi l’exploit di Bologna, la beatificazione e la blasfemia di Madrid, dove si è arrivati forse eccessivamente carichi di pressioni e questa squadra le pressioni non le regge perché il suo DNA è ben altro, non avendo in casa fuoriclasse o campioni di nota fama, ma solo ottimi o buoni giocatori che, se guidati a dovere, sanno esaltarsi l’un l’altro. Ieri è mancato quello che già avevamo visto in diverse gare casalinghe, ovvero l’alternativa al fraseggio e al palleggio che non è né nel DNA dei giocatori né del suo tecnico.

    E’ stato solo un caso che il Napoli abbia vinto “sporco” alcune gare, perché non lo sa fare. Se imbrigliato non trova alternative. Non sa giocare “all’inglese” con la palla lunga e forse dovrà imparare a farlo per avere la meglio di avversari che tatticamente saranno capaci di imbrigliarla come ieri. Questo è l’unico appunto che si può fare a Sarri e ai suoi perché anche i giocatori devono saper interpretare le gare e non solo l’allenatore.

    C’è, invece, chi attribuisce al mancato turnover la sconfitta di ieri… ma davvero Rog, Strinic o Giaccherini avrebbero cambiato le sorti della gara? Il calcio non è una scienza esatta ma neanche è fantascienza. Nelle gare precedenti avremmo raggiunto gli stessi risultati con turnover massiccio? O quei risultati sono proprio frutto dell’attenzione e della tenacia degli elementi più affidabili da cui Sarri non può prescindere? Callejon e Hamsik stanchi?

    Il primo ha giocato 113 gare riposando con il Genoa per squalifica e il secondo, fino alla scorsa settimana era il miglior centrocampista azzurro con Zielinski. In 90’ si sono stancati? O il problema è la pressione per una settimana che incombe dove ci si gioca una stagione? Se non reggono loro, da acclamati fuoriclasse di questa squadra, come lo si pretende da altri? Questa squadra ha bisogno di fare queste esperienze per far cresce e consacrare i suoi ‘94, ‘95 e ‘97 in rosa.

    C’è chi rinnega anche il “falso nueve”, ovvero Mertens, unico che nel primo tempo ha fatto due tiri in porta e procurato un terzo nella ripresa con il clamoroso errore di Callejon. Il Napoli da ieri ha solo da imparare e farne tesoro per proseguire nella sua crescita. Perché non si era maturi dopo i sette gol di Bologna o i 14 risultati utili, così come non si è acerbi dopo Madrid o ieri sera, dove non si è giocato “sporco” per raddrizzarla. Se si perde questo equilibrio e questa dimensione, si diventa solo umorali e allora si andrà incontro solo a brutte figure restando una società provinciale nella gestione e negli atteggiamenti.

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