L’ANALISI – “Manita” di Poker senza bluff di MaraMertens e la capsula del tempo

    Regalo di Natale anticipato di Babbo Natale Dries Mertens ai tifosi azzurri. Sette gol in sette giorni per il folletto belga nella doppia Manita azzurra e terzo posto riconquistato.

    Clima da anni ’80 al San Paolo nel pomeriggio di ieri per la sfida tra Napoli e Torino. Innanzitutto si gioca alle “tre del pomeriggio”, per dirla come ai vecchi tempi.  San Paolo illuminato dal sole nel primo tempo e dai riflettori nella seconda frazione di gioco. Ma una sola luce ha brillato più di tutte…quella di Dries “Pokerface” Mertens. Una tripletta in 9 minuti nel primo tempo che stende il Torino e chiude la gara visto che i granata vanno sotto di tre gol al 21’. E poi il ritorno agli anni ’80 con quel pallonetto per il quinto gol azzurro e quarto personale di Mertens, che ha letteralmente “scongelato” il San Paolo e portato i tifosi indietro nel tempo. Quella stessa porta era stata illuminata dalle giocate e dai gol spettacolari di un certo Diego Armando nel suo primo anno azzurro. Il due mirabolanti pallonetti a Orsi e Giuliani, nei match contro Lazio e Verona, sono tornati alla memoria di chi era sullo stadio in quegli anni (incluso il sottoscritto, come ieri). La giocata di Mertens, in tutta la sua genialità, ha iscritto Hart nella lista dei portieri “castigati” al San Paolo. Assoluto protagonista di una settimana da incorniciare, l’attaccante belga ha stabilito un record non solo per la storia del Napoli, ma anche in serie A. Sette gol in sette giorni. Una dieta forzata per i portieri avversari, costretti ad inchinarsi di fronte alla precisione e alla cinicità di MaraMertens. Migliore risposta a distanza al Real non ci poteva essere. Tre gol di Ronaldo e quattro per Mertens. Saranno loro ad infiammare la sfida di Champions? Parliamo di due giocatori che hanno un  gap “mostruoso” nel palmares, ma che, in comune, hanno la qualità di non adagiarsi mai sugli allori e di spingere sempre sull’acceleratore. Una cultura sportiva da cui dovrebbero prendere esempio molti dei giovani italiani che stentano a decollare e ad affermarsi con continuità.

    Grazie all’exploit di Dries, il terzo posto è stato riconquistato e ora a Firenze ci sarà da stringere i denti per tenerselo ben stretto e passare un Natale vicini alla vetta. Ma la gara di ieri non è stata solo rose e fiori. Qualche spina è emersa, specie nella ripresa, con le solite amnesie difensive accompagnate, ad onor del vero, da valutazioni arbitrali quantomeno opinabili. Grave la disattenzione nei disimpegni da parte del Napoli nell’occasione del 3-1 granata ma altrettanto grave il non aver visto il fallo di Rossettini su Reina, a sua volta incerto sulla punizione di Ljaic. Troppo rilassamento nella ripresa e Sarri ci ha tenuto a sottolinearlo a voce alta a fine gara. E’ da qui che passa la crescita della mentalità di una squadra così tanto bella da perdersi in se stessa quando meno te lo aspetti. E’ questo il gap principale da colmare. E che nessuno osi dire che adesso, con questo Mertens, non ci sarà posto né per Milik né per Pavoletti. Sarebbe l’errore più grande.  Non tutte le gare saranno chiuse in 10’ come accaduto ieri, e non tutti gli avversari sono uguali. Il Napoli deve essere numericamente e qualitativamente pronto ad affrontare tutti gli obiettivi stagionali e quindi ben venga Pavoletti così come il recupero di Milik. Così come ben venga l’avere in rosa giocatori che sembrano esuberi come Tonelli perché, al momento opportuno, in una stagione lunga e ricca di insidie, saranno utili anche loro. Lo ha già vissuto lo scorso anno la squadra azzurra che, per non guardarsi meglio intorno a Gennaio, ha perso l’occasione di inserire giocatori di qualità in rosa che, tra Febbraio e Marzo, avrebbero magari permesso qualche ricambio in più senza dover lasciare andare obiettivi come Europa League e Coppa Italia per mancanza di valide alternative. Il cammino è segnato. Solo un punto in meno dello scorso anno e ancora una volta miglior attacco della Serie A. La prospettiva di chiudere l’andata proprio sul ritmo dello scorso anno, anche se senza il titolo di campione d’inverno, ma con una consapevolezza in più, quella di aver ritrovato se stessi e una coralità di gioco che fa invidia a mezza Europa. Merito di Sarri ma anche e soprattutto dei suoi ragazzi che, in campo, con tanta umiltà, non si sono mai arresi, lasciando fuori le polemiche e mettendo il gruppo davanti ai traguardi personali.

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