MAREKIARO: “Napoli ti dà il massimo e devi essere all’altezza di ripagarli, io avrei dovuto fare qualcosa in più di Maradona, e forse ci sono riuscito!”

Rieccoci ad analizzare il viaggio del capitano azzurro in questo, ormai consueto, appuntamento settimanale. Lo slovacco, ha deciso di raccontarsi in un’autobiografia edita da Mondadori Electa, contenente un racconto introduttivo dello scrittore Maurizio De Giovanni. E’ proprio con la prima parte di questo testo che abbiamo inaugurato la rubrica. La volta scorsa abbiamo iniziato con l’analisi delle parole direttamente raccontate da Marek Hamsik. Quest’oggi daremo voce a nuove curiosità, riguardanti, questa volta, le sue sensazioni dopo aver visto il murales a lui dedicato, e come vive la sua vita a Napoli.

Quando ho guardato per la prima volta il murales con il mio volto realizzato a Napoli mi sono sentito meravigliato poiché fino a quel momento solo un altro calciatore era stato dipinto così in grande sui muri della città. Si tratta di Diego Armando Maradona, il più grande, il più forte, il mito e la leggenda.
Già prima di arrivare a Napoli percepivo la devozione assoluta della gente che avevano per lui. Mai immaginavo di poter essere io, lo slovacco dallo sguardo timido e il carattere chiuso, il suo erede, almeno dal punto di vista statistico. Maradona è ineguagliabile e nessuno potrà mai ripetere ciò che ha fatto ma se qualcuno mi avesse anticipato, anche solo che avrei raggiunto il suo record di gol in maglia azzurra, non gli avrei mai creduto.
Ho sentito il peso della responsabilità e per sentirmi adeguato a tanti onori avrei dovuto fare qualcosa per avvicinarmi al grande Diego.

Napoli ti dà il massimo e quando ricevi così tanto devi essere l’altezza di quell’affetto incondizionato e devi per ripagare la felicità che ti trasmettono nel farti sentire così amato.
Non sono molto bravo però esternare i miei sentimenti quindi anche quando firmo un autografo o faccio una foto con un tifoso non riesco a dimostrare che in quel momento il piacere è anche mio, soprattutto se si tratta di un bambino.
Preferisco parlare con i fatti, aiutare i bambini chiama lo sport ad avere un campo, aiutarli a non stare in strada.

All’inizio della mia avventura Napoli molti mi sconsigliarono dice prendere una casa nel centro città perché c’era troppo caos e mi dicevano che avrei dovuto rinunciare alla mia privacy. Siccome ero da solo pensai che sarebbe stato meglio sistemarvi vicino al centro sportivo per una questione di comodità poi quando Martina sarebbe arrivata avremmo deciso insieme dove trasferirci.
Non nascondo di essere stato tentato di voler abitare dove c’erano già molti miei compagni, tipo a Posillipo, ma nel villaggio Coppola, nel Comune di Castelvolturno, ho trovato una sistemazione che mi fa stare bene e mi sono sentito subito come a casa.
Lì anche una serata al pub a trascorri maniera tranquilla senza lo stress della folla e soprattutto senza l’ansia di dover prendere l’auto. È a due passi dal mare, con tanto verde attorno motivo per cui non ho mai cambiato posto, anzi quand’è arrivata Martina ci siamo inseriti ancor di più in questo ambiente.
Veniamo trattati come una famiglia normale.

A Napoli andiamo spesso perché ci piace passeggiare per le strade del centro, soprattutto fare shopping e per i napoletani è sempre una gioia incontrarci, non mancando mai di dimostrarci amore e sostegno.

A Pinetamare ci sono tante associazioni sportive per i ragazzi, una è la squadra giovanile del basket composta da figli di immigrati e con loro ho un rapporto veramente speciale. Mi hanno anche seguito in Slovacchia durante le partite della nazionale.

Essere entrato nella storia di una società come il Napoli vale più di qualunque cosa, più di ogni gratificazione economica e forse anche più di un titolo vinto”.

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