Romanzo Calcistico: Fabio Pecchia, l’avvocato azzurro

I tifosi più giovani lo ricordano come vice di Rafa Benitez, ma per i più “grandicelli” Fabio Pecchia è prima di tutto uno dei leader del Napoli anni ’90: è lui il protagonista dell’ottava puntata di Romanzo Calcistico. Il ragazzo di Formia arriva in azzurro nel 1993 dall’Avellino. Centrocampista di grande dinamismo, Pecchia diventa uno dei simboli del Napoli di Marcello Lippi, pieno di giovani (tra cui Taglialatela, Buso e il coetaneo Fabio Cannavaro) e calciatori navigati (Francini, Corradini, Thern, Di Canio, Fonseca, Policano e capitan Ciro Ferrara). Il campionato 1993-94 si rivelerà un trionfo, specialmente perché la squadra non riceve per lungo tempo gli stipendi. E la qualificazione Uefa viene vista come un mezzo scudetto, cui Fabio contribuisce con tanta corsa e 4 gol (ottimo bottino per un debuttante).

Pecchia ha il carisma del leader, e questa sua dote viene valorizzata ancora di più da Vujadin Boskov (subentrato a Vincenzo Guerini nel 1994-95). I gol quell’anno sono solo 2, ma il rendimento resta costante. L’allenatore serbo stravede per Pecchia, che nel frattempo è entrato stabilmente nel giro dell’Under 21 di Cesare Maldini e inizia gli studi in giurisprudenza (poi conclusi con successo): da lì il soprannome di avvocato. La squadra manca per un solo punto la qualificazione Uefa e per Pecchia cominciano le prime “sirene”. Il 1995-96 è avaro di soddisfazioni per il Napoli, che termina la stagione a metà classifica. Per Pecchia, però, due grandi soddisfazioni: il gol a Torino contro la Juventus (con un delizioso pallonetto a Peruzzi, in una gara poi terminata 1-1) e il titolo europeo Under 21 (in una squadra che vantava 4 futuri campioni del mondo di Germania 2006: Cannavaro, Totti, Nesta e Buffon). La stagione 1996-1997 si rivela la migliore per Fabio in azzurro. Complice l’assenza prolungata di Bordin, il nuovo tecnico Gigi Simoni gli affida la fascia da capitano: lui ricambia segnando ben 5 gol in campionato. La squadra, tra alti e bassi, riesce a salvarsi (dopo aver toccato anche il secondo posto in classifica). Ma è in Coppa Italia che il Napoli dà il meglio, eliminando Monza, Pescara (altro gol di Pecchia con un pallonetto), Lazio e Inter (al termine di esaltanti doppie sfide). La finale col Vicenza (con gli azzurri guidati da Vincenzo Montefusco al posto di Simoni) sembra mettersi in discesa: proprio Pecchia segna al San Paolo il gol vittoria nella partita di andata con una magnifica girata. Al Menti, però, il ritorno viene deciso dal gol di Maini: 1-0 e supplementari. Il Napoli (in 10 per l’espulsione di Caccia) non riesce a conquistare il trofeo, subendo due gol negli ultimissimi minuti: grandissima delusione (che segna di fatto la “fine” del “vecchio Napoli”).

La crisi economica è sempre più forte: così (dopo 125 presenze e 15 gol) Pecchia viene ceduto alla Juventus per 10 miliardi, voluto da Marcello Lippi (e dove ritroverà anche Ferrara e Fonseca). A Torino vince lo scudetto, poi due prestiti con Samp e Torino (negativi viste le due retrocessioni consecutive) e, nel 2000, il ritorno nel Napoli neopromosso. Il “Pecchia-bis” non sarà però entusiasmante come la precedente esperienza. Con Zeman prima e Mondonico poi, Fabio gioca 27 partite e segna 6 gol, però inutili ad evitare una malinconica retrocessione. Una delusione che Pecchia, dopo altre esperienze in campo (tra cui Bologna, Como e Siena), riesce a dimenticare da fedele vice di Benitez sulla panchina azzurra. Rafa non gli risparmia elogi e anche Fabio contribuisce nel suo piccolo alla conquista della Coppa Italia e della Supercoppa nel 2014. Lo spagnolo lo porta poi con sé al Real Madrid e Newcastle, prima dell’avventura a Verona con risultati alterni (una promozione in A e una retrocessione in B).

Articolo precedenteInter-Frosinone, le formazioni ufficiali: Spalletti lancia Lautaro, out Icardi
Articolo successivoPRIMA PAGINA – CorrSport condanna i cori beceri sui campi di Udinese e Juve: “Vergognosi!”