Insigne a Radio Serie A: “Non fui io a ‘cacciare’ Ancelotti, mi ci sento ancora. Scudetto? Non provo invidia, sono il primo tifoso del Napoli. Vi racconto il mio rapporto con i tifosi”

Lorenzo Insigne, ex calciatore e capitano del Napoli, ha rilasciato un’intervista a Radio Serie A. In questa, il calciatore ha ripercorso tutta la sua carriera calcistica, dai primi prestiti all’approdo e affermazione al Napoli. Si è anche parlato della sua vittoria agli Europei con la Nazionale. Di seguito, le sue dichiarazioni integrali.

Partiamo dall’ultimo atto, la tua visita al murales di Maradona… Ci tenevo tantissimo, Maradona ha fatto la storia del Napoli ed ha dato tanto a noi napoletani. Ho portato anche i miei figli, per loro è stata la prima volta e si sono emozionati tantissimo. È stato il miglior giocatore di tutti i tempi e per me da napoletano andare a fargli un saluto è qualcosa di speciale”.

Sei arrivato da Toronto, com’è questa realtà? Mi trovo benissimo, la mia famiglia è stata accolta benissimo e c’è una comunità italiana che ci fa sentire a casa, così come i canadesi, anche se siamo lontani da casa. È una città nuova e bellissima e stiamo vivendo una bella esperienza”.

A cosa ripensi se rivedi indietro nel tuo passato, quando sognavi di giocare nel Napoli? Mi vengono in mente tante sensazioni, perché è sempre stato il mio sogno. Non capita tutti i giorni di veder trasformato il proprio sogno in realtà. Ci sono riuscito grazie a tanti sacrifici anche della mia famiglia. Se torno indietro ci sono tante emozioni, dall’esordio in Serie A al primo gol in Champions e in campionato. Mi porto tanto dentro e mi sono goduto tutto”.

Il primo allenatore che hai incontrato è Donadoni… Sì, ma in quel periodo mi allenavo solamente con loro. Mi ha aiutato a crescere e a stare insieme ai grandi campioni della prima squadra. Per i ragazzini è importante allenarsi con loro”.

Che allenatore è Zeman, come lavora con i giovani? È come lo vedete così. Una persona che non sembra, ma è simpatica, con noi scherava e rideva. Quando c’era bisogno di lavorare lo si faceva, erano allenamenti molto intensi. Ho fatto due anni di seguito i gradoni, prima a Foggia e poi a Pescara. La prima settimana tornavi in camera distrutto, ma questi mi hanno aiutato tantissimo a formarmi come calciatore di alto livello, mi hanno dato forza ed energia che ho trasformato in 11 anni di Napoli. Lui tende ad attaccare, ma si occupava della fase difensiva. Quella offensiva la sviluppava il suo secondo. Ha valorizzato tanti attaccanti come Immobile e Caprari che arrivò a gennaio. Per me è stata una fortuna incontrarlo perché ha sempre creduto in me e con lui mi sono sempre espresso al 100%”.

A Napoli incontri Mazzarri e giochi con tuo fratello Roberto… Prima di andare a Foggia ho esordito in un Livorno-Napoli sotto la gestione di Mazzarri. Dopo di quello sono andato alla Cavese per 6 mesi e non feci benissimo. Poi Zeman mi ha voluto a Foggia per due anni. Poi quando sono tornato a Napoli Mazzarri mi disse che avrebbe dovuto scegliere tra me ed un altro calciatore. Mi sono messo sotto e lui scelse me. Poi mio fratello iniziò ad allenarsi con noi e di fare qualche panchina con noi”.

Il primo gol lo ricordi? Era un Napoli-Parma, su assist di Pandev. Fortunatamente ero al limite del fuorigioco, non c’era ancora il Var (ride, ndr). È stata una gioia incredibile perché poi segnare il primo gol con la maglia partenopea è un’emozione inspiegabile. Sono stato fortunato a giocare con Cavani, Hamsik e Pandev, qui a Napoli ci sono sempre stati grandi attaccanti e prima di andare al Pescara nel ritiro c’era Lavezzi che è una persona straordinaria. Questi mi hanno sempre insegnato tanto e la mia crescita è dovuto anche a questi straordinari professionisti”.

L’arrivo di Benitez? Ha portato calciatori importanti come Higuain, Albiol e Callejon che insieme a me hanno fatto un percorso bellissimo. Hanno portato esperienza e sono persone straordinarie. Gonzalo? Mi sono trovato benissimo, è fortissimo, segnava e aveva tanta qualità, faceva tutto. Per noi esterni era molto facile giocare con lui che ti creava spazi e giocava con te. Era un calciatore completo”.

La vittoria della Coppa Italia e l’infortunio al legamento crociato? In finale di Coppa Italia si creò un ambiente particolare dove non si sapeva se si sarebbe giocato. Quella sera feci doppietta però non ci siamo goduti la vittoria a 360 gradi perché non potevamo festeggiare. Fu una grande emozione vincere e portare a casa il trofeo. La stagione successiva in quel Fiorentina-Napoli nel primo tempo mi infortunai al crociato. Ero giovane e avevo delle preoccupazioni, non sapevo se sarei tornato a giocare. Poi ho avuto la forza e il coraggio come tanti calciatori perché il nostro lavoro è questo, sono stato bravo a rimettermi in forma. Grazie anche allo staff del Napoli perché ha grandi professionisti e per ciò che ho avuto ho compiuto un recupero lampo. Dopo 4 mesi e mezzo sono tornato in campo, ma recuperi bene dopo un anno. Infatti tornai in condizione al ritiro quando arrivò Sarri”.

Sarri è un altro Zeman? Come ritiro no, ma con il mister mi sono trovato bene. Per tre anni abbiamo giocato un calcio spettacolare e siamo stati solo sfortunati a non vincere ma ci siamo divertiti tanto. Ha un carattere particolare, ma tutta la squadra si è trovata bene con lui, perché i vari calciatori sposavano la sua idea tattica. Se parli anche con gli altri si sono trovati bene. Ha idee che pochi altri hanno ma lui va aspettato perché il suo metodo richiede tempo, non abbiamo giocato subito bene. Ci sono voluti 2-3 anni ma penso che non tutto arriva subito. Spero trovi una squadra perché è bravo e ha tanto da dare”.

Dopo l’addio di Higuain sposta Mertens al centro… Il mister fu bravo a rimediare alla cessione di Higuain. Tutti ci trovavamo bene con lui perché è un attaccante che sa far giocare la squara e per quel gioco era top. Fece 36 gol ma poteva farne di più (ride, ndr). Prendemmo Milik che è anche lui un bravo attaccante, ma ebbe la sfortuna di infortunarsi due volte al crociato. Poi Sarri ha avuto l’intuizione di schierare il belga da prima punta. Dries però è sempre stato forte, perché un esterno che da prima punta gioca così bene e segna tanto dev’essere forte e completo. Con lui e Callejon ci trovavamo a memoria e quella è stata la marcia in più. José si sapeva far trovare in quel modo perché è una sua qualità. Poi dopo un po’ che ci conoscevamo si faceva sempre trovare e sviluppammo la giocata”.

Il tiro a giro? Non l’ho inventato io. Non sono mai stato tifoso della Juventus e mai lo sarò, ma io sono cresciuto con Del Piero e non con Maradona che ho recuperato dopo. Questo tiro l’ho preso da lui, poi sono stato bravo a provarlo e a migliorarmi. Sono però contento che mi venga accreditato. Anche se fai lo stesso movimento devi essere bravo a farlo”.

Che tipo è Ancelotti? Quando venne esonerato venni accreditato io come colui che lo fece andare via. Ma, come ho detto in altre interviste, conoscendo il presidente non avrebbe ascoltato me su questa decisione. Non so cosa è funzionato, ma con il loro staff lavoravamo tanto e tutti i giorni. Ci sono annate che vanno bene e altre che non girano. Qualcosa non è andato bene, ma quando le cose non vanno bene pagano sempre gli allenatori. Con lui mi sento ancora, da quando sono a Toronto mi sono sentito con lui per capire come si sta in Canada visto che lui c’è stato. Ho provato a contattarlo per portare i miei figli a vedere una partita del Real Madrid. Ho un ottimo rapporto con lui e per quanto ne dica la gente non siamo stati io e i miei compagni a farlo andare via. Per lui parla il curriculum, è il più vincente. Poi può capitare che una cosa non ingrani. Spero continui così, è una persona squisita e non ho mai avuto problemi con lui, è impossibile averne”.

Il 2020 è un anno difficile, ma vincete la Coppa Italia con Gattuso contro Sarri… Gattuso è arrivato in un momento particolare. Anche con lui mi sono trovato bene e mi sento quasi sempre con lui. Mi piace parlare di calcio con lui ed ho un buon rapporto con lui. È stato bravo col suo carattere e carisma a tirare fuori delle cose da noi. Poi in finale di Coppa Italia si è visto, non è bello giocare in quelle condizioni ma era un periodo difficile. Spero che un giorno possa tornare in un grande club, perché è preparato. Ha un carattere sanguigno ma se lo vedi tutti i giorni è un buono”.

Diventi una cerniera del Napoli del passato e quello che costruì lo scudetto… Albiol è un difensore sottovalutato e forte. Ancora oggi dimostra al Villarreal nonostante l’età. Ho poi avuto il compito di unire il gruppo nuovo con quello del passato all’arrivo di Spalletti. Anche se non abbiamo vinto è stato utile perché poi il mister ha creato un grande gruppo. Il primo fu un anno di transizione e mi misi a disposizione perché è giusto che il capitano faccia così”

L’Europeo vinto a Wembley? È stato un bene che è stato rinviato di un anno. Non perché non fossimo pronti, ma ci ha aiutato ad essere ancora più uniti e a sacrificarsi l’uno per l’altro. Una competizione del genere non si vince solo con la qualità, ma tante cose messe in quel gruppo insieme a Mancini e Vialli che sarà sempre nei nostri cuori. Abbiamo fatto qualcosa di straordinario, ma quando giochi una competizione del genere ti viene la pelle d’oca a pensare a cosa abbiamo fatto. Le notti successive non dormi molto. Ho trovato delle emozioni uniche che se non provi non si possono spiegare. Eravamo in finale contro l’Inghilterra e senza tifosi, mi emoziono ancora oggi a parlarne. Siamo stati sul tetto e poi cademmo giù dopo che non ci qualificammo ai Mondiali. Per noi è una batosta non andarci. Sapevamo di aver fatto un grave errore. Ci siamo goduti poco l’Europeo perché dovevamo completare quelle qualificazioni, non va bene quando vinci l’Europeo e poi non vai ai Mondiali, dispiace”.

Vivere uno scudetto da lontano che significato ha? Il merito va dato a chi ha vinto e a chi ha dimostrato di essere forte. Mister Spalletti ha creato un grande gruppo. Non è merito nostro che siamo partiti ma a chi ha vinto. L’ho vissuto da tifoso, e viene detto che ero invidioso di questo. Per nulla perché sono sempre stato il primo tifoso. Dispiace che non ero qui per festeggiare, l’ho fatto da lontano con i figli e la famiglia. Festeggiare da lontano è un orgoglio più grande. Sei sul tetto e quella è una cosa importante. Che il Napoli vinca o perda sono sempre il primo tifoso”.

Come è stato il tuo rapporto con la tifoseria? Quando le cose vanno bene sono vicini, quando vanno male non è che si allontanano, ma ci rimangono male perché vogliono vincere. Noi calciatori sembra che andiamo in campo che non vogliamo vincere, ma ci sono gli avversari e bisogna fare i complimenti. In 11 anni ho sempre avuto un ottimo rapporto con loro, qualche volta ci siamo beccati non era solo per colpa mia, era tutta la squadra che a volte non andava. Poi è normale che essendo napoletano e capitano può starci avere più responsabilità, ma mi sono sempre preso tutto. Se i tifosi vedono che dai tutto sono felici anche dopo una sconfitta. Quando sono tornato l’anno scorso li ho visti un po’ delusi, ma non è successo solo a Napoli un anno difficile dopo lo scudetto. La cosa più difficile è infatti ripetersi, torniamo al discorso della Nazionale. Con la stessa squadra non andammo ai Mondiali dopo aver vinto gli Europei, il calcio è così. L’anno scorso non è stato così, quando cambi 3 allenatori ci sta che l’annata non vada bene. Oggi i calciatori danno l’anima in campo, se danno tutto i tifosi sono contenti”.

È vero che da lontano vi sentite meno considerati? Per me non è vero. Sento spesso parlare di me, sembra che faccia sempre notizia. Significa che ho lasciato qualcosa di buono. Non sento questo disagio. Ovvio che quando fai un altro campionato è un’altra cosa. Napoletani a Toronto non ne ho trovati tanti, più del sud. Nelle altre città come New York, Miami e Los Angeles sì. Fa piacere trovarli perché siamo un popolo unito e internazionale”.

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