Campionato mediocre? No, l’altra Italia è mediocre

È lunedì, è iniziata una nuova settimana.
Nella testa del tifoso del Napoli però, ormai le giornate non sono altro che l’attesa tra una partita e l’altra.
La sconfitta contro la Lazio ha forse scosso un po’ le menti dei napoletani ma non deve creare fantasmi, perché la squadra ha dimostrato di sapersi rialzare subito.
I partenopei sono saldamente al comando e continuano il cammino verso la conquista del terzo scudetto.
Ad inizio marzo, mancano solo 25 punti per veder realizzato il sogno che attendiamo da trentatré anni.

Una marcia quasi trionfale: mai nella storia si è visto un distacco simile dopo venticinque giornate di campionato. Stando così le cose, potremmo festeggiare la vittoria finale con quattro turni d’anticipo.
Inciampare è lecito, fa parte del percorso. E non toglie nulla a tutto il lavoro svolto finora, da ammirare e celebrare.

Almeno così dovrebbe essere, in un mondo normale.

Sì, perché purtroppo non tutti sono dello stesso avviso. Mentre in giro per l’Europa (e non solo) piovono elogi per gli azzurri, in Italia è diverso.

Nelle ultime settimane, infatti, sui social e nei salotti televisivi si fanno sempre più insistenti discorsi che tentano di sminuire la forza e soprattutto la bellezza di questo gruppo, per giustificare il fallimento delle altre competitors.

L’ espressione più gettonata è la seguente: “Campionato mediocre“.
Il campionato italiano sarebbe tale, secondo lorsignori, proprio per l’enorme distacco creatosi tra prima e seconda in classifica, che denoterebbe pochezza di competitività.

Si spera che la sconfitta di venerdì faccia da antidoto a questa credenza che si è diffusa.
Infatti, se il Napoli ha perso due volte significa che ci sono avversari in grado di batterlo.

Se la tesi della mediocrità dovesse però continuare a prevalere, è quantomeno curioso osservare che proprio quest’anno, per la prima volta nella storia della Champions League, le italiane hanno ottenuto tre vittorie su tre nell’andata degli ottavi di finale (senza subire gol). Ed inoltre, era dalla stagione 1990/91 che l’Italia non vantava sette club qualificati agli ottavi delle varie competizioni UEFA.
Alla faccia della mediocrità.

È triste, poi, constatare che, nonostante siano passati 22 anni dall’ultima Serie A vinta da una squadra che non abbia strisce sulla maglia, la possibilità che ciò si verifichi quest’anno (finalmente, aggiungerei) è vista quasi come un’indesiderata intrusione.
Sì, perché fa cadere le braccia ascoltare parole come: “Il Napoli ha vinto anche grazie al calo di Inter, Milan e Juventus”. Dà l’idea del basso livello di cultura calcistica ma anche della stessa narrazione sportiva in Italia, che quasi distrugge il merito dando molta più importanza al demerito.

Per quale motivo puntualizzare le mancanze delle altre, facendole passare come la causa della corsa del Napoli? È ovvio che nell’arco di un campionato, alla lunga, ci sia chi spicca il volo e chi rallenta. Se non rallentasse nessuno, ci sarebbero da assegnare venti scudetti a venti squadre diverse. È nella logica di una competizione che a vincere sia quello più continuo e più solido.

E il Napoli lo è stato, tanto da far crollare le altre squadre anche psicologicamente: non è certo facile, per chi è dietro, inseguire sempre e vedere che l’ avversario non lascia per strada nemmeno la polvere, rifilando addirittura cinque gol ad una delle dirette concorrenti.
Può capitare, per questo, di entrare in campo con la “spina staccata” perché in fondo vi è la consapevolezza che ogni sforzo alla fine risulta vano, quando davanti c’è un tritacarne. E così si perdono punti, tanti punti, che costringono poi a guardarsi le spalle.
Non è un merito questo?

E se non si accetta quest’idea, si dia almeno merito al coraggio della società che ha dato un taglio netto al passato (e agli ingaggi) dicendo addio ai senatori e puntando su giovani sconosciuti ai più, che ora stanno incantando in Italia e in Europa.
Questo club ha dimostrato anche ai più scettici (me compreso, ammetto) che con una gestione finanziariamente oculata e una rete scouting di primo livello si può puntare a grandi traguardi, anche senza ingenti risorse economiche alle spalle.
Competenza e unità d’intenti sono, dunque, gli unici due imprescindibili ingredienti.

E vincere uno scudetto su queste basi sarebbe una ventata di novità per il calcio italiano, oltre che un bel manifesto per quelli che parlano di calcio malato, di soldi che non ci sono.
A questo punto, infatti, una domanda sorge spontanea: la situazione sarebbe stata diversa se i soldi che c’erano in passato fossero stati gestiti diversamente?

Ad ogni modo, è tremendamente soddisfacente pensare che la propria squadra riesca ad imporsi su ogni campo e che possa battere club che spendono centinaia di milioni di euro ad ogni sessione di calciomercato.

Il Napoli è forte, molto forte. La devastazione che sta compiendo in campionato è incredibile:
Un calcio ammaliante, votato all’attacco, che diverte la sua gente e riempie lo stadio di sorrisi e commozione.
Un gruppo coeso, che non sente la pressione ma avverte la responsabilità di dare gioia a questo popolo e lo dimostra ogni settimana.

Dovremmo leggere questo.
Purtroppo, però, leggiamo di chi “senza penalizzazione sarebbe lì a lottare”, del possesso palla come statistica che non esiste, della “classifica dei secondi tempi”, di Osimhen che “bisogna vedere se si conferma su questi livelli anche il prossimo anno”.

E fino al prossimo weekend (causa sconfitta contro la Lazio) leggeremo: “Ah se il Milan non avesse avuto la crisi a gennaio. Ah se l’Inter avesse fatto punti con le piccole. Ah se la Juve non avesse avuto infortuni….”.

A tutti voi: rassegnatevi, state perdendo il vostro tempo. Napoli merita.
E statene certi: quando arriverà quel giorno, il suo splendore sarà accecante.

Uno tsunami di colori e felicità travolgerà il grigiore delle vostre parole, destinate a sguazzare per sempre nella mediocrità.

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