”Libertà” e fiducia: il futuro nelle mani di Meret

5 luglio 2018. In un’estate calda e afosa, a Napoli si respirava aria di riscatto, si era concluso un ciclo che aveva regalato emozioni indescrivibili alla piazza ma nessun trofeo. Si era arrivati in Paradiso ma, a Firenze, il ”Dante Alighieri” uruguagio, spedì all’Inferno i ragazzi azzurri gettando via tutti i sogni di gloria. Maurizio fece le valigie ed insieme a lui anche Pepe Reina, direzione Chelsea e Milan.

In quella sessione di calciomercato i rivali bianconeri portarono il cyborg di Madeira a Torino, un colpo storico, l’intera nazione rimase a bocca aperta e stupita. Gli azzurri necessitavano di un nuovo portiere capace di raccogliere la pesante eredità lasciata dallo spagnolo con la 25, tanti i nomi sul taccuino, ma il patron azzurro e il ds Giuntoli dopo aver letto quel nome scelsero senza pensarci su: Alex Meret. Si, era lui l’uomo giusto. Basta una chiamata a Franco Soldati ed un biglietto aereo di sola andata per Napoli ed Alex diventa il numero uno partenopeo. Finalmente, dai tempi di De Sanctis, non si vedeva un portiere italiano tra i pali.

Affare da ventidue milioni + tre di bonus, cartellino non molto elevato rispetto alle cifre consuetudinarie. Aria timida, cuore in gola, inimmaginabile che quel ragazzo di 190 cm potesse guidare la retroguardia azzurra in un match di Champions League. Era reduce da 30 partite da vero leader in Serie B a Ferrara, e soltanto 1159 minuti giocati nella massima serie italiana. Le aspettative erano alte e mister Ancelotti, senza pensarci due volte, gli affidò il ruolo da titolare preferendolo ad Ospina.

La sfortuna lo colpì ed esordisce nel vecchio San Paolo contro il Frosinone l’8 dicembre 2018. La prima stagione in maglia azzurra risulta sufficiente. Nonostante sia stato per mesi fermo ai box per l’infortunio alla spalla, totalizza 21 presenze.

La nuova stagione è la peggiore. Dopo l’impresa contro il Liverpool, a dicembre siede sulla panchina partenopea Rino Gattuso, l’artefice del declino di Alex. La reattività, le doti feline, la visione di gioco e l’intelligenza svaniscono nel nulla dall’approdo del calabrese e viene preferito David Ospina per l’esperienza che possiede e per l’impostazione tattica con i piedi, ”partendo dal basso” risulta essere più competente il colombiano. Ma al classe 97′ piacciono le sfide e nella finale di Coppa Italia a Roma parte dal primo minuto per la squalifica del 25 e si rivela essenziale sui calci di rigore, permettendo agli 081 la vittoria finale.

Dopo aver ripercorso tutta la storia azzurra dell’ex Spal, arriviamo ai tempi attuali analizzando qualche statistica: 12 partite in A, 5 in Europa ed una in Coppa Italia. 18 presenze totali e 24 reti incassati con un notevole abbassamento del prezzo del cartellino. Il 12 dicembre 2019 valeva 40 mln, oggi ne vale la metà.

Le colpe non vanno affidate solo a lui: per Gattuso l’azione deve iniziare dal basso ed il portiere ha il ruolo principale della costruzione del gioco. Gli viene affidato il compito del “vecchio libero” e dai suoi piedi deve nascere tutto. Alex è un portiere agile, volatile e il ruolo di “impostare la difesa”, in carriera, non l’ha mai ricoperto. Manca quella leadership alla Pepe Reina e la difesa ne risente. La mancanza di queste di ciò ha portato qualche incomprensione di troppo che ha causato tanti gol. Ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto: si può cambiare.

Abbiamo un talento ancora giovane, con il futuro dalla sua, bisogna aspettare e dare ancora un po’ di fiducia. In un futuro progetto Napoli, il suo nome merita di esserci.

Articolo precedenteMancini: “Farò dei cambi di formazione, Bulgaria squadra insidiosa. Vi spiego la nostra chiave tattica”
Articolo successivoESPN – Martinez: “Senesi può sostituire Koulibaly, questa la richiesta del Feyenoord”