Quarto posto: un tesoretto per pochi

Quarto posto“: due parole, undici lettere, una ossessione. O meglio, l’unico reale obiettivo del Napoli, dichiarato pubblicamente più volte da Gattuso. Eppure l’inizio spumeggiante degli azzurri aveva fatto pensare che sì il quarto posto fosse un obiettivo di stagione, ma l’obiettivo minimo. Ad oggi però, il rettangolo verde, unico giudice supremo di questo sport, ha sentenziato che il Napoli è fuori dalla corsa per il tricolore, fuori dalla Coppa Italia e dall’Europa League. Ed ecco che da obiettivo minimo, il quarto posto è diventato una vera e propria ancora di salvezza per salvare questa stagione. La qualificazione per la Champions è diventata una questione di vita o di morte, come se il destino del futuro partenopeo fosse appeso a quella musichetta tanto affascinante quanto passeggera. Il fascino di primeggiare con l’élite d’Europa è unico, ma siamo sicuri che questa competizione porti così tanti benefici in tutto l’ambiente Napoli?

Obiettivo della società – La dirigenza è stata sempre chiara sotto questo punto di vista. L’esigenza di fare rientrare i conti è primaria. In questo senso, l’Europa che conta rappresenta un tesoretto inestimabile. Immaginiamoci quanto avrebbe fatto comodo alle casse della società, in questo periodo dove le entrate sono dimezzate, rientrare tra le prime 32 squadre europee. Però la storia del nostro club ci dice che il Napoli è solo una romantica comparsa di questa sceneggiatura internazionale. Tre ottavi di finale rappresentano il punto più alto toccato nella competizione europea più importante: con il Chelsea, poi divenuto campione di quella edizione, uno con il Real Madrid, anch’esso vincitore della rispettiva edizione ed infine l’ultimo giocato l’anno scorso con il Barcellona. Per il resto, si contano successi di spessore contro il Liverpool, Borussia Dortmund ed anche due pareggi con il Psg. Insomma protagonisti di qualche mercoledì e nulla più. La gloria eterna è lontana anni luce dal Vesuvio. Di conseguenza, se l’obiettivo è solamente quello di entrare nei gironi, è difficile credere che il Napoli possa garantirsi appeal internazionale se le comparse sono solo sei o al massimo otto all’anno. Ragionando in termini meramente economici però, quelle sei partite in un bilancio come quello del Napoli si sentono eccome. Basti pensare che solo con l’ultima partecipazione della Champions il Napoli ha ricavato, fra gli introiti dei diritti televisivi ed i bonus dei risultati, ben 65,8 milioni (Fonte Sky). Alla luce di ciò sgomberiamo il campo da equivoci, il quarto posto è un obiettivo di bilancio e non sportivo.

Fame di vittoria – Se la Champions League era vista come un punto di arrivo dopo l’ultima apparizione con Maradona nel 91′ a Mosca e soprattutto dopo il fallimento che ha portato il Napoli in C1, adesso la tifoseria ha, legittimamente, altre ambizioni. Le comparse europee non bastano più per saziare l’appetito del tifoso azzurro. La piazza si è ormai resa conto che in Europa che conta non ci sono opportunità per essere protagonisti. Ovviamente, mai la tifoseria ha chiesto ne tantomeno chiede di vincere la Champions, ma il fatto che ad arricchirsi a fine anno, siano solo le casse del C.d.A. comincia a creare malumori e fratture nella tifoseria. Il sogno nel cuore si chiama tricolore, è inutile negarlo. Persino, l’Europa League, obiettivo che potrebbe essere tranquillamente alla portata del club con investimenti mirati, viene messa in secondo piano rispetto alla partecipazione della Champions. Insomma, il canovaccio vede antagonisti i sogni dei tifosi con gli introiti del club. E a fine anno c’è il forte rischio che a gioire del quarto posto, ove mai fosse raggiunto, siano veramente in pochi.

Champions o Europa League, questo è il dilemma” – Se andiamo ad analizzare le stagioni nelle quali il Napoli ha preso parte alla Champions e quelle nelle quali non si è qualificato, è interessante notare come il rendimento in campionato abbia risentito dell’impegno infrasettimanale di prima fascia. Il Napoli di Mazzarri che uscì a testa altissima contro il Chelsea, ad esempio, in quell’anno arrivò quinto in campionato. La stagione seguente, con la partecipazione in Europa League invece, terminò solo alle spalle della Juventus contendendosi il primato fino a metà campionato. La squadra di Benìtez che uscì a 12 punti dal girone, arrivò terza a meno 24 punti dal primo posto. Il primo anno di Sarri, il Napoli senza la Champions, addirittura divenne campione d’inverno. L’anno scorso col passaggio di testimone tra Ancelotti e il suo figliol prodigo Gattuso, gli azzurri vennero eliminati agli ottavi di Champions ma in campionato conclusero al settimo posto. E’ innegabile che le macerie lasciate da questa competizione siano enormi, soprattutto che se non hai ricambi di spessore in ogni reparto. Al contrario, l’Europa League raramente fino a metà anno richiede grandi sacrifici visto che il Napoli si trova, quasi sempre, tra prima e seconda fascia di conseguenza le seconde linee possono tranquillamente far rifiatare i titolari fino a buona parte della competizione. La Champions richiede delle scelte e fisicamente è massacrante, al contrario l’EL ti consente di portare avanti in parallelo anche il campionato. Allora perché non puntare su questo trofeo con la possibilità di essere competitivi fino all’ultimo? I ricavi non saranno equiparabili a quelli derivanti dalla CL, ma non sarebbero comunque pochi e si regalerebbe alla città un trofeo che manca da 32 anni.

Sicuramente, sarebbe un messaggio chiaro da parte della dirigenza verso coloro che che credono, e non sono pochi, che vincere non sia un interesse della società.

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