Pirlo e Sarri: “un supplente e un Maestro”

Non ci siamo mai amati – Maurizio Sarri, quando è andato alla Juve aveva già una condanna definitiva sulle spalle. Il suo legame rivendicato con la città di Napoli, il suo presunto provincialismo non adatto per la signoria piemontese, quello stile poco curato hanno fornito tutti i capi d’accusa per il toscano di Figline, prima ancora di iniziare la sua avventura. Lui si era già macchiato la fedina con quel dito medio scagliato nella breccia dello Stadium. Un feeling mai sbocciato e quella voglia stentata di sopportarsi, hanno segnato inesorabilmente il destino del toscano in terra sabauda.

Eppure Maurizio Sarri ci ha provato ad imporre la sua metodologia di lavoro, la sua proposta di quel calcio che aveva conquistato quella dirigenza, che lo aveva scelto per sostituire il pragmatico Allegri. Ci ha provato nonostante lo scetticismo iniziale e soprattutto nonostante le avversità dettate da fattori extra-campo. L’ormai ex comandante, nel cuore ancora di tanti ancora comunque, è stato probabilmente una delle prime vittime del Covid, quando ancora non si sapeva nemmeno l’esistenza di questo terribile virus.

Chiunque ha avuto la fortuna di osservare il lavoro quotidiano del tecnico, sa benissimo che anche un’ora può essere decisiva, per limare quel piccolo dettaglio, che gli permette di tenere alta la difesa di quel centimetro necessario a mandare in fuorigioco l’avversario alla domenica. Allora figurarsi, quanto abbiano penalizzato il suo lavoro quelle settimane iniziali che lo hanno tenuto fuori dal rettangolo di gioco.

Comunque, la sua Juventus sin dalle prime battute ha conquistato e consolidato il primato, ha superato agevolmente il girone di Champions ma nonostante questo Sarri rimaneva, a detta di molti, inadeguato per quella panchina e la sua squadra “la peggiore degli ultimi 20 anni”. E poi la pandemia. Più di un mese di un stop forzato. Ma la Juve si fa trovare preparata e conquista il nono scudetto consecutivo, il primo per Maurizio Sarri. Arriveranno anche le sconfitte in finale di Coppa Italia contro il suo ex Napoli e l’eliminazione negli ottavi di Champions contro il Lione.

Una stagione di certo non memorabile, ma comunque non fallimentare. Uno scudetto vinto al primo anno, poteva essere la base per costruire il secondo anno, ma in casa Juventus il mal di pancia di Ronaldo è il primo male da curare. Non si tiene conto che l’allenatore non ha neanche avuto la possibilità di allenare per un anno intero rosa inoltre, non congeniale alla sua idea di calcio. La dirigenza bianconera si affida ai malumori dei senatori ormai a fine ciclo, Sarri viene esonerato.

Allenatore Honoris Causa – Nel frattempo, Andrea Pirlo si getta nel mondo dell’insegnamento ed il patentino per allenare in serie A arriva subito. Chiunque conosce un minimo le dinamiche di Coverciano, saprà anche che per ottenere questo patentino è richiesta una gavetta estenuante, tanta esperienza ed anche fortuna. Però, in fin dei conti, può essere anche giusto concedere corsie preferenziali a chi ha fatto la storia del nostro calcio.

Per approcciarsi al calcio insegnato, a Pirlo viene affidata l’under 23 bianconera, scelta che già potrebbe essere discutibile se pensiamo a quanti bravi allenatori sono sparsi nel nostro paese, ma non godendo di un passato glorioso da calciatore, raramente potranno avere una occasione del genere. Come se non bastasse però, si ritrova promosso allenatore della prima squadra, col titolo ad honorem di “Maestro“.

Il tutto senza neanche aver diretto un allenamento in vita sua. Non c’è niente da fare però, il background incide troppo per non giudicare a priori. Campione del mondo, uno dei centrocampisti più forti della storia del calcio italiano, che proprio con la Juve ha pennellato le ultime geometrie della sua carriera, contribuendo agli ultimi successi juventini. Potrà mai sfigurare una personalità del genere rispetto ad un ex impiegato di banca, “uno che nella vita non ha vinto nulla”?

Dannata ossessione – A differenza dell’anno scorso, dove il minimo errore ed ogni passo passo falso portava la firma di Sarri, a Torino c’è comprensione perché Pirlo è un predestinato. Non importa se la sua Juve non macina gioco, e piano piano si allontana dalla vetta come non succedeva da ormai dieci anni, il “maestro” gode del beneplacito della piazza. Arriva anche una Supercoppa, motivo per il quale è l’uomo giusto per proseguire il ciclo vincente.

Si continua ad andare avanti, ma nessuno osa fiatare sul presunto “maestro“. Perché lui è Pirlo. Però, se c’è una cosa sulla quale in casa Juve non si accettano compromessi, quella è la Champions League. L’eliminazione col Porto ha scoperto lo “scrigno di Pandora“. Come per magia, tutti si sono accorti che il primo posto dista dieci lunghezze dall’Inter di Conte e sembrerebbe che solo ieri, in molti si siano resi conto che non ci sia una minima traccia di gioco ideata dal “maestro“.

Mentre Sarri è sotto contratto e probabilmente si starà godendo il momento, Pirlo proprio come fece il suo predecessore, ha dichiarato che se il suo futuro fosse dipeso dalla Champions non si sarebbe presentato neanche in conferenza. Morale della favola, la Supercoppa, rischia di essere l’unico e forse ultimo trofeo di un ciclo vincente giunto forse, ai titoli di coda.

La scelta di esonerare Maurizio Sarri per prendere Andrea Pirlo è stato un errore che si sta pagando a caro prezzo. Di Sarri si potranno dire tante cose, ma non che non sia un insegnante di calcio. Perché per diventare professore prima si inizia con le supplenze poi si arriva alla cattedra, e Pirlo ne deve fare ancora molte prima di poter essere definito “Maestro“.

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