Marco Tardelli, ex calciatore, ha rilasciato un suo editoriale sull’edizione odierna de La Stampa, in cui parla del periodo storico che sta vivendo il calcio italiano. Ecco cosa scrive:
“Questa settimana è iniziata con la pantomima imbarazzante di Lazio-Torino. Un club che vorrebbe giocare, la Lazio. L’altro il Torino, impossibilitato a raggiungere la Capitale, perché bloccato dalla ASL competente a causa di nuovi casi positivi al coronavirus. In un paese normale, considerando il caotico precedente di qualche mese fa della partita tra Juventus e Napoli, si poteva pensare ad una sana stretta di mano e il rinvio del match a data da destinarsi. Troppo facile, troppo bello, troppo strano per un paese come il nostro. In un’Italia devastata da una pandemia senza precedenti, dove è sempre più difficile individuare delle soluzioni adeguate, la cosa peggiore è dimenticare il buonsenso, la solidarietà e soprattutto calpestare i valori dello sport”.
Poi continua:
“Così la Lega decide che la partita si deve giocare. Se il Torino non si presenterà avrà partita persa con i tre punti assegnati alla Lazio. Questo comporta uno spiegamento di forze umane. Chiusura degli uffici delle federazioni che hanno la loro sede allo stadio Olimpico con centinaia di persone che a mezzogiorno devono abbandonare il loro posto di lavoro come da protocollo. Poi le transenne per blocco del traffico, pullman dei giocatori, addetti ai lavori, direttori di gara che arrivano da altre città, con conseguente tristissima marcia indietro. Un dispendio di energie e di danaro che si poteva evitare solo con un po’ di buonsenso. E via con le carte bollate, i ricorsi e i contro-ricorsi, gli avvocati felici e contenti. Soliti fiumi di parole inutili, fastidiose, che tendono a soffocare nelle polemiche il gioco più bello del mondo. Il nostro calcio deve essere un aiuto, una speranza, un sogno. Il mero interesse personale invece, a discapito di tutto il resto, lo trasformerà in un mostro che verrà abbandonato. Gli sportivi sono già stufi e annoiati, i tifosi forse ancora no, ma chissà…“
