Home News Quale futuro per gli stadi italiani dopo aver preso delle società sportive

Quale futuro per gli stadi italiani dopo aver preso delle società sportive

Il mondo del pallone non è indenne dalle influenze della transizione economica e politica. Il futuro assetto di Governo dovrà, prima o poi, fare i conti con un annoso problema che si trascina da anni: la politica sulle infrastrutture sportive.

Hai mai visto il progetto proposto per il nuovo stadio del Napoli? E la ristrutturazione di Bologna? Che ne dici di quel Siena rimodellare con il tetto d’erba (sì erba, non vetro)? O il progetto dello Stadio Della Roma che dura da quasi un decennio, fra inchieste e polemiche istituzionali?

Come ricorda il portavoce di www.cercotech.it, Antonio Civitillo: “Gli impianti sportivi di oggi non possono essere più trattati solo come strutture in cui sedersi e assistere passivamente ad un match, ma come realtà dinamiche: costante aggiornamento dei sistemi di sicurezza (telecamere di sorveglianza HD, sistemi di Machine Learning per l’identificazione automatica di tifosi soggetti a Daspo, distribuzione dei flussi di pubblico) e dematerializzazione dei biglietti. Inoltre, lo stadio del futuro deve essere polifunzionale, costruito secondo standard ha ridotto impatto ambientale secondo le best practice di sostenibilità energetica”.

Per i fan della Serie A, queste strutture proposte sono un’enorme fonte di divertimento, poiché molti sanno già che la burocrazia le divorerà prima ancora che i piani vengano messi in atto. Anche portando a termine il progetto in tempi relativamente contenuti, sarebbe comunque sospetto, poiché il pensiero sarebbe che probabilmente sarebbe finito una “cattedrale nel deserto” come il San Nicola a Bari. Su ostacoli formali e opportunità potenziali avevamo già parlato, richiamando il rapporto Deloitte.

Lo stato degli attuali stadi in Italia è veramente preoccupante. Se escludiamo quelli  di Juventus e Udinese, la maggior parte degli stadi in uso richiamano l’Italia anni ’90 o peggio. Prendiamo ad esempio lo Stadio Artemio Franchi della Fiorentina o lo Stadio Renato Dall’Ara del Bologna. Sono entrambe bellissime arene che si distinguono dalle strutture dall’aspetto piatto di altri terreni di gioco europei. Il problema è che non ci sono negozi di club, le strutture sono inadeguate, bar scadenti, pessimo Wi-Fi per la stampa e non migliorano l’esperienza dei fan. 

Altri, come il “Maradona” di Napoli, avevano letteralmente pezzi che uscivano dai muri e l’acqua si riversava nella tribuna stampa ogni volta che pioveva.

Nulla a che vedere con l’Arsenal nel Regno Unito. Hanno uno stadio moderno, creato per sfruttare al massimo l’esperienza dei tifosi. Il loro visitatore ideale non è necessariamente l’abbonato, ma soprattutto il fan che viene una volta, compra bevande, cibo e spende un sacco di soldi in “The Armory” (enorme negozio del club). Il fan vi trova tutto
Dopo la lettera inviata sul finire dello scorso anno da parte dei Presidenti di Coni, Figc eLega Serie A all’ex Premier e ai Ministri di Economia, Sport e Beni Culturali per evidenziare il difficile momento che sta vivendo il calcio italiano e lo stato di arretratezza delle infrastrutture sportive, non resta che attendere le intenzioni del successivo Esecutivo.

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