Home News BUTTO IL VECCHIO, PRENDO IL NUOVO – IL CONFRONTO: Callejon vs Politano

BUTTO IL VECCHIO, PRENDO IL NUOVO – IL CONFRONTO: Callejon vs Politano

Duecentocinquntacinque presenze, sessantaquattro goal e cinquantasei assist: basterebbe questo per spiegare, in sintesi, cosa è stato Josè Maria Callejon per Napoli e il Napoli.
Ma non basta.

Lo spagnolo classe ’87 arrivò al San Paolo nel lontano 2013 sotto esplicita richiesta del mentore Rafa Benitez e da allora non ha mai più abbandonato il terreno di gioco.
Si scrive Josè, si legge Highlander: in sette stagioni di Serie A, per un totale di 264 gare, lo spagnolo ha saltato la bellezza di sole 9, giocandone ben 255.

Numeri incredibili, mai visti prima, che possono solo lievemente rendere al lettore l’idea del peso e dell’importanza che lo storico numero sette azzurro ha rivestito per i colori partenopei.

Il motivo per cui ben quattro allenatori diversi, in sette stagioni differenti, abbiano rivoluzionato intere squadre senza mai sedere in panchina Callejon?
La sua enorme sapienza tattica, il capire perfettamente come incarnare il ruolo che ricopre e – soprattutto – immaginare prima degli altri come e dove arrivi la manovra, il pallone.

Non si spiegano diversamente i quasi settanta goal che l’esterno destro ha segnato con la maglia biancoazzurra. Il fatto che – palla al piede – il ‘caballero triste’ non abbia mai sfoggiato quella tecnica e quella sensibilità sopraffina tale da permettergli conclusioni imparabili per i portieri avversari è una chiara conferma della sua enorme dote di ‘allenatore in campo’: non eurogoal all’incrocio dei pali ma conclusioni (di destro, di sinistro e di testa) ad una distanza così ravvicinata che solo chi anticipa con intelligenti inserimenti le difese avversarie può permettersi.

Celebre, a riguardo, il famoso lancio di Insigne dalla sinistra volto a pescare il ‘taglio alla Callejon’ sul versante opposto che, con un solo movimento, in sette anni è riuscito a beffare la maggior parte delle difese nostrane ed internazionali.

Quella parabola, disegnata con i giri contati dal destro del Lorenzo capitano azzurro, ancora oggi parte ed atterra sull’altro lato del campo – quello destro – tra i piedi altrettanto affidabili di Matteo Politano.

Il ventisettenne di Roma, arrivato dall’Inter in prestito con obbligo di riscatto fissato a 19 milioni più bonus, è stato chiamato al difficile compito di non far rimpiangere un monumento come Callejon, da cui ha ereditato la posizione ma non il compito.

Complice la conformazione fisica che avvicina l’ex neroazzurro più ai vari Mertens ed Insigne che non allo spagnolo e, considerata la sua preferenza per il piede mancino, Matteo Politano ha iniziato il suo percorso azzurro in una posizione che lo rendeva molto più vicino alla porta che ai propri centrocampisti.

Come detto nell’articolo precedente (clicca qui per leggerlo), al termine di una gara Gattuso ebbe a dire – tanto per Lozano quanto per Politano – che le loro attitudini offensive erano irreprensibili ma che, finchè non avessero sviluppato un maggior spirito di sacrificio in fase difensiva, le loro presenze sarebbero state razionate.

Mai parola fu più profetica. Il mancino ex Inter e Sassuolo ha iniziato con sempre maggiore impegno a ripiegare sul suo lato, aiutando il più delle volte il compagno di fascia Di Lorenzo che – complice un avvio di stagione decisamente sottotono – ha beneficiato in molte occasioni dei lunghi recuperi del suo collega di lato.

Le conseguenze? Politano è entrato a pieno regime nelle rotazioni del nuovo Napoli di Gattuso e, in meno di 1700 minuti ha messo a segno già 7 goal e quattro assist: sacrificarsi di più in difesa per trovare con più facilità la porta.
Il paradosso del calcio.

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