BUTTO IL VECCHIO, PRENDO IL NUOVO – IL CONFRONTO Gattuso vs Ancelotti

Dei confronti possibili, quello tra Gattuso ed Ancelotti è senz’altro il più intricato.
Da maestro ed allievo ai tempi del Milan campione d’Italia e d’Europa, ad allenatore uscente ed entrante di una delle squadre più prestigiose del panorama.

Un vero raffronto sull’operato dei due non è ancora totalmente possibile, ma è bene essere chiari da principio: se è vero (come è vero) che l’operato del pluricampione Ancelotti vada oggettivamente riconosciuto per l’enorme quantità di trofei vinti nella sua carriera da allenatore, allora è tutt’altro vero e ragionevole riconoscere – alla stregua della esperienza partenopea – già una netta superiorità del subentrato Gattuso.

Il secondo posto nel campionato 2018/2019 ed il raggiungimento degli ottavi di Champions (persi poi da Gattuso contro il Barcellona) non riescono comunque ad addolcire la lunga sequela di pessimi risultati in campionato la stagione successiva, arricchita (o scaturita, chissà) da una infinita catena di incomprensioni tattiche e brutte partite, autrici e al contempo figlie di un disgregamento lento e sofferente di uno spogliatoio in precedenza affiatato e coeso.

L’intenzione di stravolgere ex novo il consolidato assetto tattico del predecessore Sarri, facendo il posto ad un 4-4-2 ‘presunto’ innovativo ha messo il tecnico di Reggiolo nella posizione di dover rendicontare ogni passo falso, facendo i conti con gli scheletri nell’armadio lasciati da un tecnico che – prima di lui – aveva distillato abbondanti assaggi di un calcio esteticamente d’altro livello.

Dimostrare di ‘aver ragione’ quando un centrocampista come Zielinski veniva schierato alto a sinistra come attaccante aggiunto, oppure quando ad un esterno d’attacco come Insigne veniva imposto di spostarsi al centro di un attacco a due accanto a Milik, iniziava a diventare per Carlo Ancelotti compito molto più arduo del previsto se si tenevano in conto gli scarsi effetti positivi che queste invenzioni apportavano al Napoli.

Molti, nel corso della stagione e mezza ancelottiana, hanno ipotizzato le soluzioni più disparate per il salvataggio di un operato che – da qualsiasi parte lo si vedesse – sembrava mostrare falle. La verità, per chi scrive, non era una sola, ma nemmeno così ricercata: il tecnico (con le sue idee) e la squadra non erano compatibili, così come non lo era una piazza abituata a personalità forti, plateali, carismatiche: un condottiero.

Proprio da quest’ultima parola riprende la cronistoria della panchina azzurra, raccolta da un uomo – prima ancora che un allenatore – capace come pochi di incarnare il sentore della città da un lato e dei suoi amici-calciatori, dall’altra.

Il rapporto con la squadra, con i ‘suoi’ uomini: da qui è partito il mister Gattuso.
Ricucire gli strappi della stagione precedente è stato il primo passo verso una sicurezza interna al gruppo che ha iniziato a dare i suoi frutti dopo la seconda metà di stagione, quando il Napoli ha cominciato a recuperare qualche posizione in classifica, agguantando un settimo posto che – se non fosse stato per la Coppa Italia – non sarebbe comunque valso l’accesso in Europa League.  

Successo con trofeo all’esordio, dunque, per l’ex centrocampista del Milan che si è scrollato di dosso quasi subito l’etichetta di allenatore ‘grintoso’, votato solo alla difesa ad oltranza: primato in campionato per possesso palla e conclusioni in porta sono solo un piccolissimo dettaglio della ben più ampia rivisitazione tattica proposta da Gattuso.

Non l’integralismo di un gioco totalmente votato allo spettacolo, non la rigidità di un 4-4-2 insipido e poco plasmabile sulle caratteristiche di certi elementi.

Il gioco portato dal ‘nuovo che avanza’ è qualcosa che ricalca tanto la voglia di stupire il pubblico con un attacco scintillante, quanto la compattezza e l’austerità difensiva di una squadra che non può più permettersi – soprattutto ora che ha uno come Manolas accanto a Koulibaly – svarioni e distrazioni di alcunchè.

I risultati, per il vero totalmente asimmetrici finora, parlano di un Napoli sostanzialmente in lizza per un posto in Champions e già qualificato ai sedicesimi di Europa League, con una finale di Supercoppa da giocare a gennaio e tanta voglia di riportare al nuovo stadio Maradona almeno un trofeo.

Il futuro, salvo imprevisti non pronosticabili, è nelle mani e nella voce di un allenatore con tanta fame di vittorie e con tanto rispetto per il duro lavoro.

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