L’edizione odierna del Corriere dello Sport analizza un dato ben preciso del Napoli di Gennaro Gattuso: i gol fatti. Il quotidiano mette a confronto i numeri di Rino con quelli di Amadei e Sarri:
“Si fa in fretta a tirare in ballo la Storia (persino quella con la maiuscola), però stavolta è lecito scomodarla, anche se siamo appena all’ inizio, non è quasi cominciato questo campionato soffocante, e si sa che la strada è lunga, ci saranno varie tappe. Però è andata così, lo raccontano i numeri, che a modo loro non sbagliano: semmai vanno letti, e magari anche un po’ interpretati, e sistemano il Napoli di Gattuso in un limbo, che sa persino di sogno. Perché ventisei gol, all’undicesima giornata, ma dopo averne giocate dieci, rappresentano un indizio di primato e comunque un pezzettino di podio, adagiano questa squadra che sa come si regala gioia (e a volte anche come si sparge sofferenza), alle spalle del Napoli di Amadei e un po’ più distante da quello di Sarri, una giostra d’ emozioni intense che ancora stanno lì, attorcigliate nei ricordi di una città”.
AMADEI – “Sessantatré anni fa, quel Napoli che poi avrebbe chiuso al quarto posto, con in panchina Amedeo Amadei, alla undicesima aveva perso solo due partite (con Fiorentina e Lazio), alla dodicesima sarebbe stato anche capace di vincere a Torino, in casa della Juventus (3-1) e intanto si scatenò, trenta reti, un’abbuffata gigantesca, forse per combattere gli stenti che poi sarebbero arrivati, perché il calcio non cambia mai”.
SARRI – “Appena tre anni, era la stagione 2017-18, il Napoli di Sarri, ancora distante dalla sua «crisi» in un albergo di Firenze, s’era già preso la scena, irrompendo con quel suo spettacolo devastante e denso di trentadue gol, rimanendo all’ asciutto una sola volta (contro l’Inter), travolgendo chiunque, grandi e piccine, e sistemandosi seriamente ai margini della Leggenda”.
GATTUSO – “Rino ha scoperto la varietà del proprio organico, sta cercando ancora un calcio che lo soddisfi appieno, resta in mezzo tra il tridente e il 4-2-3-1, e però questi sembrano persino esercizi dialettico, oppure strategici, che si perdono nella realtà di un attaccante extra large, nel quale si mescola la fisicità e l’eleganza, il talento e l’atletismo, la rapidità di pensiero e quella di esecuzione. È un Napoli che ha tanti volti, perché lo richiede un’annata stressante.
Eppure, il Napoli di Sarri più prolifico è quello delle novantaquattro reti nell’anno in cui Mertens scoprì la sua nuova esistenza da centravanti, stagione 2016-17, cominciata con il freno a mano tirato (all’undicesima era «appena» a quota venti) e poi caratterizzato da un’escalation impressionante, pieno di scorpacciate (sette reti a Bologna), di manite (al Cagliari e due volte al Torino. Mentre questo di Gattuso, che sta inseguendo equilibrio e una identità non semplice da costruire in questo ammasso di partite, ha sottilmente scoperto il perverso piacere della sua esuberanza quasi senza accorgersene: i sei gol con il Genoa non sono stati un caso, e c’è stato il sospetto, perché poi, a distanza più o meno ravvicinata, il Napoli straripante ha travolto ancora. E’ un’onda anomala, ma comunque ricorrente”.