Ancelotti è un allenatore fortissimo, non c’è bisogno nemmeno di dirlo, forse il più bravo a gestire uno spogliatoio soprattutto dopo una sconfitta. Il suo è un gioco complicato, intelligente e se è riuscito in diverse imprese è perché ha sempre avuto un’ossatura forte su cui contare, calciatori a cui non doveva dire nulla per farli brillare. Dopo 15 mesi a Napoli, invece, i dubbi sono molteplici, con una rosa variegata ma adattata, con giocatori che ancora non si sa che ruolo abbiano e quanto possano incidere. E no, dopo più di un anno non è tanto normale avere un’identità sbiadita, lontana da quella conquistata nella precedente gestione.
Non è il Napoli sbagliato per Ancelotti, ne il contrario. Sono solo due mondi diversi difficili da plasmare. Forse è presto per tirare le somme ma, ancora, dopo più di una stagione ci si aspettava di vedere il vero Napoli di re Carlo, attenzione: nessuno ha invocato l’“ancelottismo” dopo il “sarrismo” ma nemmeno una squadra continuamente in fase di costruzione. E più di una domanda è normale porsela. Dire che la grande prestazione contro il Liverpool fosse stato un caso isolato questo sarebbe disonesto, perché partite così anche l’anno scorso ci sono state, perché la gara contro il Lecce è sembrata significare quella crescita mentale che non si era avuta. La sconfitta poi contro il Cagliari, la vittoria sofferta contro il Brescia e il pareggio a Genk hanno riportato tutti con i piedi per terra. Da decifrare l’esclusione di Insigne ieri sera, finito addirittura in tribuna, probabilmente per la poca brillantezza mostrata. Il capitano però lassù non dovrebbe mai finirci perché oltre che un simbolo, rappresenta il motivatore del gruppo e ieri, forse, di voglia di fare bene ne è mancata.
Milik, un altro caso ancora con diversi punti interrogativi: da protagonista a comparsa in un attacco che lo vede ancora a zero reti, nonostante abbia avuto palle gol quasi clamorose. Il ragazzo non è felice, inutile nasconderlo, senza fare dietrologie spicciole. Sarebbe assurdo, appunto, se fosse soddisfatto considerando il rendimento, quel rinnovo che tarda ad arrivare e una gerarchia che, anche a causa delle diverse vicissitudini, lo vede sempre dietro qualcuno: Mertens prima e addirittura Llorente poi. E oggi quindi è lecito chiedersi se la squadra sia entusiasta, se Zielinski o Lozano (che dopo il gol contro la Juve ha fatto decisamente male, o poco bene, che dir si voglia) siano contenti del ruolo ritagliatogli dal mister, se quel sistema di gioco sia veramente congeniale alle caratteristiche di questi atleti.
Ecco, a questo punto si può riassumere tutto così, con delle risposte che arriveranno solo con il tempo: ma questo è il Napoli di Ancelotti?