Gazzetta: “Inter-Napoli, agguato programmato. Si aggrava la posizione degli ultrà azzurri”

L’ assalto ultrà di San Siro era stato pianificato il giorno di Natale a casa di Daniele Belardinelli, poi investito e ucciso negli incidenti. I tifosi napoletani erano organizzati, armati e pronti allo scontro. In via Novara, in sostanza, ci sarebbe stato un regolamento di conti concordato e non solo un’aggressione al convoglio napoletano. È il giudice per le indagini preliminari di Milano Guido Salvini a raccontare in un modo nuovo gli incidenti avvenuti prima di Inter-Napoli, la sera del 26 dicembre. Il gip lo fa nell’ordinanza che ha portato in carcere anche Nino Ciccarelli, 49 anni, storico fondatore e leader dei Viking nerazzurri, e Alessandro Martinoli, 48 anni, ultrà dei Blood and Honor del Varese e amico di Belardinelli.

CENTRALI I due tifosi hanno avuto un ruolo di primo piano nella guerriglia. Ciccarelli, riconosciuto dal tifoso-testimone Luca Da Ros (ora ai domiciliari) tra gli ultrà presenti nel bar in zona Fiera da dove è partito l’assalto, aveva subito ammesso di aver partecipato agli scontri. Ma dall’ordinanza emergono altri particolari: l’uomo ha raccontato di essersi trovato «per caso» nella zona di via Novara e di essere intervenuto per difendere gli amici. Le immagini delle telecamere l’hanno immortalato «claudicante e nell’atto di toccarsi la gamba destra per alleviare il dolore di alcune ferite». Ciccarelli era stato sentito dalla Digos il 30 dicembre ed era poi «passato» tra gli indagati anche per colpa dello stato fisico in cui si era presentato in Questura a Milano, «con un cerotto al naso e plurime ferite sul corpo». Ferite da lui definite casuali sulle gambe («Sono caduto su dei cocci», ha detto agli investigatori). E c’è anche un particolare inedito: durante l’interrogatorio Ciccarelli è stato fatto spogliare in modo da vedere il tipo di ferite. Gli hanno trovato segni di coltellate ma anche buchi provocati da cacciavite, «a dimostrazione che molti tifosi napoletani erano preparati ad uno scontro». Ecco perché adesso si aggrava la posizione dei tifosi azzurri: al momento sono tutti a piede libero, compresi quelli che erano a bordo dell’auto che avrebbe travolto mortalmente Belardinelli, ma a questo punto sembra sempre di più che non siano le vittime di un’aggressione ma a loro volta potrebbero essere aggressori, visto anche che un minibus del convoglio degli ultrà azzurri era carico di armi. A Napoli, quindi, potrebbero arrivare i nuovi fermi.

L’AMICO L’altro arrestato, Alessandro Martinoli, era arrivato a Milano il 26 con Daniele Belardinelli ma ha dichiarato di averlo perso di vista al baretto, il punto di ritrovo della Curva Nord sotto il Meazza: agli investigatori ha detto di non aver partecipato agli scontri, di essere andato alla partita e poi all’ospedale dopo aver saputo del ferimento dell’amico. In realtà le telecamere dicono altro, visto che è stato ripreso mentre impugnava due coltelli in un corpo a corpo con un tifoso napoletano «armato di bastone». Anche le ferite sulle mani e i vestiti sporchi di sangue sono tra i gravi indizi di colpevolezza che hanno giustificato il carcere.

LA VEDOVA Un altro passaggio fondamentale nell’ordinanza è nelle parole di Cristina Bianchi, vedova di Belardinelli, sentita lunedì dalle pm. Ha confermato che il 25 dicembre a casa sua c’era Marco Piovella, il capo ultrà dei Boys in cella da Capodanno. Il Rosso ha sempre ammesso di essere stato da Dede a Natale, ma la donna rivela che c’erano anche 4 tifosi del Varese, compreso Martinoli. Un incontro che Salvini definisce «propedeutico all’organizzazione dei fatti del giorno seguente». Anche la figlia dell’ultrà morto ha confermato tutto, aggiungendo che ilRosso aveva raccontato come Dede dopo essere stato investito aveva detto: «Rouge, sono tutto rotto».

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