MAREKIARO: “Nedved ed Iniesta i miei miti, con gli spagnoli all’inizio c’era diffidenza ma poi…”

Rieccoci ad analizzare il viaggio del capitano azzurro in questo, ormai consueto, appuntamento settimanale. Lo slovacco, ha deciso di raccontarsi in un’autobiografia edita da Mondadori Electa, contenente un racconto introduttivo dello scrittore Maurizio De Giovanni. E’ proprio con la prima parte di questo testo che abbiamo inaugurato la rubrica. La volta scorsa abbiamo iniziato con l’analisi delle parole direttamente raccontate da Marek Hamsik. Quest’oggi daremo voce a nuove curiosità, riguardanti questa volta le aspirazioni calcistiche dello slovacco.

Sono un predestinato, siccome la mia famiglia aveva già deciso che avrei giocato a calcio ancor prima che nascessi. I miei genitori e mio nonno hanno fatto tutti i sacrifici possibili affinché il mio sogno si realizzasse ed è per questo motivo che prima ancora di poter capire a chi volessi assomigliare, ero determinato a seguire le orme di mio padre, non soltanto come calciatore ma soprattutto come uomo.

Ho lasciato la mia città all’età di 14 anni con la promessa che un giorno ci sarei tornato e mio padre era sempre stato accanto a me.

Crescendo la mia aspirazione come calciatore divenne quella di assomigliare a Pavel Nedved.
Di lui mi piaceva tutto, ed uno dei momenti in cui mi sono emozionato di più in tutta la mia carriera è stato quando ha detto pubblicamente che sarei stato il suo erede. Lì ero fiero di me stesso perché ero riuscito ad esprimere il massimo, dimostrare tutto il mio talento in campo. L’ammiravo per la grande carriera che era riuscito a fare grazie alla sua forza di volontà, un campione silenzioso di cui si parlava per quello che dimostrava in campo e non per la vita privata, un uomo che non aveva mai bisogno di alzare la voce per affermarsi agonisticamente.

Un altro campione che ammiro in modo particolare è Andres Iniesta, osservo i suoi gesti, studio i suoi movimenti e come mezz’ala è il più forte di tutti tempi. Quando parliamo di calcio con i miei figli dico sempre: “guardate questo calciatore ed il suo stile” e loro non capiscono bene che cosa voglio insegnargli mostrandogli i suoi video. Infatti loro insistono dicendo che vogliono diventare solo come me. Io spiego sempre che ogni calciatore ha le sue caratteristiche, ci sono quelli normali e quelli fortissimi ma il talento o ce l’hai o no. Puoi lavorare più degli altri e fare vita da atleta per sempre ma il talento è innato. Se gli faccio vedere i video di Iniesta è proprio perché lui è il calcio, talento allo stato puro.

Non mi piacciono gli esibizionisti, non sopporto che si sente intoccabile e guarda gli altri con la puzza sotto il naso. Siamo persone come tante altre e camminare 10 metri sopra il cielo non ci rende più forti. Ho avuto la fortuna di crescere calcisticamente in uno spogliatoio in cui all’inizio eravamo un po’ tutti sullo stesso livello.

Nell’anno in cui arrivarono gli spagnoli diventai il capitano, un giocatore a cui anche grandi dovevano un rispetto speciale.
Vero però che nei primissimi tempi si creò una piccola divisione: da un lato c’erano gli spagnoli e dall’altro noi della vecchia guardia. Ci guardavamo con un po’ di diffidenza ma dopo poche settimane iniziammo ad integrarci e ricordo che un giorno Pepe Reina alzò la voce in spagnolo e molti gli risposero eccitati, sempre spagnolo penso. Pensai insospettito che volesse fare una rivoluzione ma restai seduto al mio posto. In quel momento si avvicinò Pepe che mi diede il cinque e lì capii che lui era un gigante buono, una persona rispettosa e capace di farsi rispettare, uno che non avevo mai incontrato, un leader vero da cui puoi soltanto imparare. Molto diverso da me.

Io sono un leader calmo. L’estate di qualche anno fa Francesco Calzona, vice di Maurizio Sarri, mi regalò la biografia di Carlo Ancelotti, e mi ritrovai in tantissime cose. Non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei trovato Ancelotti come allenatore, un condottiero che sa veramente comandare senza imporsi, senza urlare. Si fa rispettare con il solo potere dell’esperienza”.

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