Belgrado di rimpianti

Il Napoli sta cambiando pelle. Non lo fa con gli uomini, che bene o male sono quelli dello scorso anno. Lo fa nella mentalità, nel gioco, negli schemi.
Un 4-4-2 iniziale con Callejon più arretrato, modulo che tanto piace ad Ancelotti tanto che ci fece una tesi per diventare ufficialmente allenatore.

Insigne è il giocatore che più di tutti sta mutando modo di interpretare la partita giocando fra le linee nella fase passiva e da seconda punta in quella offensiva al fianco di Arek Milik. Non dà precisi punti di riferimento e, da campione, sa cacciare dal cilindro colpi magici che possono risolvere anche i match più ostici.
Nel primo tempo la squadra ha ampiamente dimostrato la superiorità tecnica, con solo due nei: Allan, non il solito combattente che ha anche preso un giallo evitabile e l’ultimo passaggio, quello decisivo, quasi sempre sbagliato.
Bene Fabián che alla prima con la maglia azzurra ha tenuto il centrocampo grazie anche alle capacità fisiche di recupero palla.
Bravi i padroni di casa a non sbilanciarsi troppo in attacco per evitare ripartenze velenose.

Il secondo tempo, seppur con l’entrata di Mertens, Hamsik e Ounas non ha cambiato molto l’andazzo della gara, con gli azzurri padroni del campo ma – al contempo – poco concentrati sul giro palla. Ci si aspettava sicuramente una prestazione di maggiore personalità dai gioiellini partenopei che non hanno saputo fare la differenza contro una squadra di tutto rispetto, ma indubbiamente di secondo livello. Uno zero a zero che toglie qualche speranza, in un Marakana che forse avrà fatto tremare le gambe agli avversari. Ora è davvero dura per il Napoli fare il miracolo sportivo nella competizione dei sogni.

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