Home News CorSport: “Napoli universo del calcio. In tredici anni crescita impressionante”

CorSport: “Napoli universo del calcio. In tredici anni crescita impressionante”

Sembra quasi d’ essersi persi nello spazio: e in quell’ astronave, diamine, c’ è vita. E’ un altro mondo e l’ atmosfera pure è cambiata: non s’ avvertono neppure gli impolverati luoghi comuni, e la musica di sottofondo appartiene ad un universo nuovo fuori ed anche dentro se stesso. La città del calcio resta inghiottita, forse rapita, magari stordita, da quell’ esempio di (rara) Grande Bellezza che capovolge l’ archetipo del (vecchio) made in Italy: stavolta è football verticale, quasi danzato, certo smaltato, lucente e luccicante da abbagliarsi. Eccola qui, Napoli la capolista che sta persino aspettando il Manchester City per provare a fare qualcosa di più grosso di lei: è così fedele a se stessa e a quell’ immagine rivoluzionaria nella quale ha lasciato germogliare la sua fresca natura. L’ avverti mentre sciama verso il san Paolo, oppure se ne torna a casa, gioiosamente placida, per essersela goduta ancora una volta, lasciando nel porta -ombrelli l’ anima pirotecnica che s’ è costruita addosso. C’ è una espressione inedita, sarà forse il Terzo Millennio o magari le sofferenze (del Fallimento) e le delusioni (numerose) delle generazioni che le hanno raccontato, e un’ atmosfera allegra e contagiosa che non trascende più nell’ euforia sguaiata: è una questione di stile, come se il Napoli avesse trasmesso le tracce del proprio codice genetico, e i cinquantatremila (e 609) di domenica se ne fossero impossessati ed ognuno, con un passaparola, avrebbe poi suggerito ch’ è cosi che si fa, in punta di tackle, uno -due e via, verso l’ ignoto, che può essere anche un orizzonte di sgargiante verde bianco e rosso, ma non si dice.
LA RIVOLUZIONE. E’ successo tutto così in fretta, perché appena nell’ estate del 2004, e furono uova lanciate mica nel vuoto, il Napoli finì al macero: ma il tempo un galantuomo, non solo ha suturato quelle ferite ma ha persino cancellate le cicatrici dalla coscienza ripulita per intero. C’ è una «cultura» insospetta bile, il senso d’ un piacere o nascosto o sconosciuto, che spinge ad andarsi a gustare lo spettacolo – vada come vada – sapendo che l’ Idea lusinga: divertiamoci, gente. Quando Aurelio De Laurentiis scelse di percorrere sentieri laterali, ribaltando gli schemi del calcio, spuntarono i pregiudizi: siamo un popolo di poeti, santi e conservatori. Poi c’ è stata la conversione, lenta, graduale, faticosa, che ha avuto bisogno (ovviamente) di varie fasi d’ avvicinamento a ciò che pare un metodo esemplare di management, in cui confluiscono, ognuno per i propri ruoli, le competenze. L’ origine è quell’ età così distante, sembra l’ eternità, eppure sono appena tredici stagioni, otto delle quali vissute in Europa, tre di queste standosene felicemente abbracciati con l’ establishment del calcio: l’ ultima pennellata, dopo che Benitez ha impresso la svolta dell’ internazionalizzazione, l’ ha impressa la genialità di Sarri, scovato ai margini del sogno suo e quello d’ una città risorta.
RISULTATI. Il Napoli dilaga, un’ onda anomala dalla quale lasciarsi cullare, e lo fa con una naturalezza una semplicità – che forse è garantita pure dall’ assenza totale di stress, dall’ armonia di un ambiente che ha smesso di lagnarsi, di pretendere, di fossilizzarsi sul proprio vissuto: ora il «gioco» è un mantra collettivo, il padre di uno spettacolo infarcito dai gol d’ un terzetto di scugnizzi (metteteci Hamsik e diventano in quattro) al quale il san Paolo ha tolto l’ ansia da dosso, perché con l’ empatia che si è stabilità tra il pubblico e la squadra e la simpatia che Sarri, il benedetto toscano, sprizza attraverso i tagli, le diagonali, le sovrapposizioni e qualche sortita mediatica un po’ hot e comunque godereccia, s’ è arrivati dinnanzi ad un bivio: lo scudetto o un altro giretto ancora in Champions League?
FUSIONE. E’ stato un tragitto che, a ripercorrerlo, ha richiesto energia fisica, mentale ed economica, e gli strappi (quando andò via Ca vani, quando via Higuain) non hanno mai (seriamente) piegato De Laurentiis, né poi Sarri, che in principio ne perse una e ne pareggiò due e pareva l’ utopia prossima ad essere spazzata via dalla normalità assoluta d’ un calcio, d’ un Napoli, trasformatosi in eccezionale, capace anche di stravolgere le abitudini, le tendenze di un habitat strappato, o anche disegnato, da una forza ignota, non oscura, né misteriosa. C’ è un’ altra (deliziosa, meravigliosa) vita a Napoli, ch’ è sempre a modo suo la città del calcio.
Fonte: Corriere dello Sport

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