REPUBBLICA – Memorabile notte, il comandante Sarri e quegli undici giocatori certi della loro forza: i segreti del primato azzurro

Memorabile notte, fuori il nome di un tifoso del Napoli e della Juve che possa dimenticare questo sabato. Calcio pazzesco, dalle emozioni ai deliri, dall’euforia allo sconforto, quando sembra tutto in bilico, tutto magicamente si riapriva.

Dopo la tormentata sconfitta dei campioni d’Italia, era difficile giocare per il Napoli capolista. Il campo poteva sembrare viscido come ghiaccio, al comandante Sarri si riconosca il merito di aver mandato nella partita dei tranelli uomini concentrati, sicuri, equilibrati nella certezza della loro forza.

Di Francesco conosce bene la forza del Napoli, ma ha preferito credere in quella della sua squadra. Si è limitato a qualche espediente tattico: una speciale attenzione per Jorginho nella speranza di chiudere una fonte di gioco.

Tutto qui? Il Napoli, quando il suo coordinatore di centrocampo è oscurato dal mulinello creato da Perotti e Pellegrini, risponde azionando i suoi automatismi. Sembrano tutti registi, non c’è giocatore che non sappia dove smistare la palla, Koulibaly più di tutti, fantastico Koulibaly anche nel finale.

E vanno avanti tutti con un solo tocco, neanche due: questo consente il massimo del profitto, perché fissa un ritmo medio-alto ma non altissimo, ottenendo però una elevata velocità di circolazione della palla.

Dopo il gol di Insigne, che gela all’inizio gli avversari rompendone la coesione, si evidenzia confusione: la rete, la numero 200 in 84 panchine di Sarri, ha la complicità di uno sciagurato rimpallo al centro dell’area romanista, con responsabilità di De Rossi che poi scopre i nervi fino all’ammonizione.

Di Francesco trascura il segreto più risaputo del calcio italiano: la fluidità sulla corsia di sinistra del Napoli, dove si ripetono i triangoli bassi con Ghoulam, un maestoso Insigne, un Hamsik lucido ma solo nel primo tempo, un attivo Mertens che devia anche lui a sinistra richiamando strappando spesso Manolas dal centro della difesa.

Mertens ne sopporta le eccessive angherie, spesso tollerate dall’arbitro Rocchi. È evidente per un’ora il divario atletico: il Napoli è primo nei contrasti, e quando li vince sa che quella di Bruno Peres e Florenzi è zona franca.

Alla Roma non resta che l’ira della subalternità. Il suo gioco con traiettorie verticali per raggiungere l’isolato Dzeko non basta più. La scena cambia, non basta neanche al Napoli la sufficienza nel gestire la partita, si disunisce, perde le distanze ed il campo, ed è proprio Dzeko a scuotere Sarri.

La sua testata che Reina assorbe con il palo che fa sponda è una luce rossa che si accende davanti al napoli e alla sua panchina. Entra Zielinski, deve uscire Hamsik, con la malinconia che lo accompagna nelle fasi roventi degli scontri, è davvero triste nel vedere quella cresta nera che si abbassa come una bandiera di resa.

Di Francesco non ha varianti tattiche, ma accelera l’assalto infilando Under esterno, dopo Fazio per Manolas e Gerson per Pellegrini. Anche Sarri ha le sue nuove carte: se affanna Zielinski, c’è Diawara per Jorginho e Rog per Callejon, secondo buona norma.

Il primato chiede gran calcio ma anche sofferenza, e questo Napoli resiste fino al martirio, grande Napoli.

Articolo precedenteREPORT – Seduta mattutina per il Napoli: gli azzurri preparano il match contro il Manchester City
Articolo successivoSERIE A – Napoli-Inter, biglietti in vendita: il comunicato del club azzurro