EDITORIALE – Cosa dicevate di Hamsik?

“Parole, parole”, cantava Mina nel 1972 spopolando in Italia brillando come un’autentica stella. Parole appunto, come le tante sprecate per descrivere l’inizio di stagione del capitano azzurro. Il numero 17 è stato letteralmente centrifugato in una lavatrice di opinioni “kamikaze” tendenti alla demolizione scellerata, efferata e senza senso logico. La memoria è il pregio di coloro che vivono il tempo come strumento costruttivo e non come elemento di contorno di un vagare ottuso e senza meta. Di colpo, il capitano azzurro era diventato scarso, fuori forma e letteralmente inutile. Tutto questo, giusto da sottolineare, nel mese di settembre dopo poche, pochissime gare di un campionato che avrà avanti a se ancora tanti mesi. Le lingue delle vipere, però, serpeggiano nell’ombra aspettando di cavalcare da sciacalli, quali sono, anche le più piccole crepe di tutto ciò che hanno dinanzi. Non conoscono religione, amore e dignità. Vivono del male altrui, anche del proprio pur di sedere sul trono della malignità e cattiveria. 

Sputare sulla carriera di Hamsik, oltraggiare le sue qualità umane e tecniche è sacrilego, dissacrante nei riguardi della realtà, unico vero punto di riferimento nella vita. La combriccola dei maldicenti, il clan dei delinquenti delle parole, oggi non hanno avuto nemmeno il coraggio di presentarsi al proprio funerale tecnico per manifesta ignoranza. Hamsik ha dimostrato, anche oggi, la ragione per cui Sarri non possa e non vuole rinunciare mai a lui. Ha evidenziato come la calamita del gioco sia tra i suoi piedi, come la bussola della tecnica sia in suo possesso e l’arte di creare spazi sia una sua autentica prerogativa. La sua qualità è eterea, rarefatta e scolpita con l’oro nella storia azzurra. Come un artista giocoliere passeggia nel campo con la classe di un danzatore, smista i palloni dimostrando di possedere il fattore X del terzo occhio. Infine e sorpattutto crea, inventa e si procura spazi come un ingegnere aereo spaziale, fluttuando come una stella nella galassia dell’area avversaria con la maestria di un professore universitario del calcio. Cotanta abbondanza tecnica è corroborata ed esaltata da una lucente personalità:silenziosa e rispettosa. Professionista esemplare ed indiscusso, capitano eletto a suffragio universale dallo spogliatoio. Uomo di dignità e umanità, cuore e fedeltà consacrata dal matrimonio etnico più profondo della storia del calcio. Mina direbbe: tu sei la frase d’amore cominciata e mai finita”. Di anno in anno la sua cresta si è impennata verso l’immenso senza mai trascendere nella blasfema costruzione di Babele. Piedi per terra e spirito alto e fiero, come la tecnica e le prestazioni sciorinate gara dopo gara.

Eppure tutto questo non è bastato agli “esperti” per “scusare” una tale perla di brillantezza per qualche uscita meno vincente del solito. Il tempo, però, è galantuomo quanto democratico. Ad ognuno regala la ricompensa adatta in base ai comportamenti assunti. Il silenzio verbale di Hamsik ha rotto i timpani di chi lo aveva criticato e, in un San Paolo colorato da un sole estivo e da un cielo più azzurro che mai, è emerso da quattro maglie rosse avversarie trovandosi solo dinanzi al portiere. Il risultato è scontato: gol. Quest’ultimo però è solo la punta dell’iceberg di una prestazione importante, qualitativa e rapida di pensiero e azione. La base di questo blocco granitico è stato costruito nelle ultime apparizioni, un crescendo esponenziale che avrebbe dovuto tappare le bocche ai “critici” di mestiere. Così non è stato invece, almeno fino ad oggi.

La domanda ora sorge spontanea: cosa si inventeranno adesso i benpensanti?

In attesa di una nuova puntata del delirio d’opinione di alcuni sopraffini pensatori, invitiamo tutti alla riflessione. È la base del successo, la dimostrazione di possedere intelletto e l’abilità di saperlo sfruttare.

Arrendetevi, Hamsik “non cambia mai, non cambia mai, non cambia mai”.

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