Da meteora a K2: è da sogno la straordinaria metamorfosi del “muro” azzurro!

“Ciao Kalidou, sono Rafa Benitez, vorresti venire al Napoli?”: è nata più o meno così la storia d’amore tra il franco-senegalese e il Napoli, una sera di primavera che avrebbe fatto sbocciare, in seguito, questa trattativa.

Zainetto in spalla e faccia pulita, si presentò così a Castel Volturno. Niente aspettative, o meglio, destò più curiosità che altro il gigante buono proveniente dal Genk. Un ottimo pre-campionato, da lì nacquero già i primi paragoni con un “certo” Lilian Thuram, tra l’altro suo idolo di infanzia, anche se orgoglioso ha più volte ribadito che dovrà mangiarne d’erba per potergli somigliare.

Fisicamente simili, ma era palesemente acerbo sotto il punto di vista tattico. Il campionato italiano non fa sconti in quel reparto: o ti imponi o verrai surclassato da altri giocatori, poche chance insomma.

Sarri lo ha studiato, lo ha cresciuto, lo ha migliorato sotto ogni punto di vista. Il timido calciatore conosciuto inizialmente ha dato vita ad un uomo sicuro dei propri mezzi e dei propri pregi fisici. Ha lavorato a lungo sulla fase difensiva, carente lo scorso anno, ha affinato l’empatia e il feeling con Albiol, suo principale compagno e ha rispettato e seguito le istruzioni di un veterano quale Pepe Reina.

Sotto quegli errori evidenti di una inesperienza e di una scarsa fiducia in se stesso si nascondevano doti e capacità che, in nove mesi, hanno primeggiato. Non ha potuto fare a meno di lui il mister toscano, lo ha plasmato esattamente come lui desiderava, regalandogli a 24 anni la chiamata in nazionale del Senegal.

Veloce, d’impatto, quasi imbattibile sull’uno contro, non lasciandosi intimorire dalla bravura dell’avversario. Ha dimostrato di saper giocare anche con i piedi lanciando spesso i compagni in porta, tecnicamente può sicuramente migliorare e provare a fare il regista difensivo seguendo le orme del portiere azzurro;

uno dei primi nello scatto e nella progressione, arrivando spesso e volentieri oltre il centrocampo per la scaltrezza nei movimenti (come contro la Lazio all’Olimpico o contro la Roma al San Paolo, una delle partite più belle stilisticamente parlando del numero 26).

Grande e grosso sì, ma agile grazie ad una muscolatura forte e assolutamente non pesante. Ha peccato, in una stagione comunque da incorniciare, talvolta di troppa sicurezza facendo errori evitabili, come imparare a guardare  avanti e a non girarsi per tentare di parare il tiro dell’avversario con il corpo. L’eccesso di zelo lo ha premiato in talaltre situazioni, fermando attaccanti di tutti i tipi  essendo, come già detto, bravo sia nello scatto che nello scontro.

Zero gol e un solo assist, numeri sicuramente migliorabili considerando la stazza e gli stacchi in elevazione che potrebbe permettersi in area di rigore sui calci piazzati, garantendo maggiori punti preziosi ai compagni.

Dopo due anni ha conquistato la maglia da titolare, essendo considerato ormai il perno principale e una parte del solido scheletro partenopeo modellato dall’ex Empoli.

La società ha puntato su di lui riuscendo a fare bingo. Oggi è cercato da numerosissime squadre, tra cui il Chelsea di Conte ma De Laurentiis è stato chiaro: Koulibaly è un patrimonio azzurro e da qui non si muoverà.

I tifosi, insomma, potranno dormire sogni tranquilli e godere per un’altra stagione delle prodezze del difensore, che si confronterà finalmente con l’Europa che conta.

Serio professionista, faccia da bravo ragazzo e, come ha scritto sui social, ormai parte integrante di questa famiglia chiamata Napoli.

L’ha conquistata a suon di giocate, tanti fatti e poche chiacchiere. Una meteora trasformatasi in montagna: continuando su questa strada con lui nemmeno l’aria potrà più passare!

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