Cara maglia, meriti più rispetto

Napoli, che ti è successo?”
Chi non si è posto ultimamente questa domanda? Chi tifoso non continua a scervellarsi per trovare una risposta? La parabola discendente di una squadra che sta vivendo un periodo poco felice, è riflessa nell’animo dei suoi supporters, delusi dalle prestazioni dei loro “eroi”. Napoli si nutre di calcio, respira l’atmosfera del San Paolo 365 giorni l’anno, cambia il proprio umore in base ad una vittoria o ad una sconfitta. Il lunedì, magari anche piovoso e freddo, è comunque meno amaro quando la squadra porta i tre punti a casa il giorno precedente, ma quando i risultati non arrivano, anche il sabato sera può sembrare un triste lunedì. Dell’azzurro non si può fare proprio a meno, accanto ai santini e San Gennaro impossibile non trovare una foto o una maglia di Maradona, una reliquia per i napoletani. Quello era un Napoli che scendeva in campo prima con il cuore e poi con le gambe, forza, grinta ma soprattutto la famosa “cazzimma”.
Questo termine ormai è diventato di uso comune, Inler e Rafa lo hanno adoperato durante la conferenza stampa a Berna, peccato che, probabilmente, non sappiano bene cosa significhi.
Chi abita nella città del sole, invece, sa esattamente cosa sia. Rimboccarsi le maniche, non arrendersi, non voler mai perdere e se capita, farlo con onore. La cazzimma forse non si può spiegare, ci si deve nascere con questa qualità, non lo si può insegnare, bisogna capirlo da soli.
Dopo la batosta dell’uscita dai preliminari di Champions, il carattere duro e battagliero conosciuto lo scorso anno, ha lasciato il posto ad un’anemica situazione, e a tratti i campioni azzurri non si riconoscono più. Higuain, l’argentino che è stato accolto come un re dopo l'”abdicazione” di Cavani, sembra lontano anni luce da quel giocatore che ha deliziato con le sue prodezze balistiche, il capitano Hamsik sembra proprio non riuscire a vincere i fantasmi che lo hanno accompagnato la scorsa stagione dopo l’infortunio, Mertens è meno protagonista, il comandante Albiol sembra aver perso quella sicurezza che probabilmente Reina gli trasmetteva, si salva solo Callejon che il vizio del goal non l’ha di certo perso. Manca quindi un vero leader, colui che riesca a tirare su la squadra nei momenti peggiori. Entusiasmo è la parola chiave, sì perché quello i tifosi non l’hanno perso, nonostante le promesse non mantenute e gli insuccessi sul campo, la maglia va sudata, onorata e amata. Chi perde con dignità, ha vinto comunque. Chi perde lasciando cuore e grinta a casa, viene sconfitto due volte. Brucia. Questione di forma fisica non ottimale, di formazioni sbagliate, non si sa ma una cosa è certa, il calcio per i partenopei non è un semplice lavoro: è una religione, un trampolino di riscatto, una passione che non conosce confini, irrazionale. Chiunque decida di vestire questi colori, non sposa semplicemente un progetto, ma un modus vivendi. Erano anni che non si vedevano tifosi così arrabbiati e delusi, la contestazione dopo la partita contro lo Young Boys  ha mostrato tutte le debolezze del momento (si recriminano solo i gesti stupidi di pochi presenti che hanno agito con la violenza) ma anche la voglia che debba cambiare tutto ma come si suol dire, dopo la tempesta c’è sempre “‘O sole mio”.
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