RILEGGI LIVE – Maurizio de Giovanni: “Maradona è stata la presa in giro nei confronti dei potenti. Polemiche Cruciani ed altri? Rappresentano zero! Vi racconto un aneddoto su Diego”

Gentili lettori di MondoNapoli.it, buona sera. Benvenuti alla diretta testuale dell’intervento che lo scrittore Maurizio de Giovanni farà a breve ai nostri microfoni. Nel corso della trasmissione MondoNapoli Live, il noto intellettuale napoletano, tifosissimo azzurro, ci parlerà della scomparsa di Diego Armando Maradona. Restate connessi!

“I napoletani del presente e del futuro, la generazione passata e quella contemporanea deve avere consapevolezza di chi è stato Diego Armando Maradona per questa città. La sua prematura scomparsa dispiace. Era ancora giovane. Poteva dare tanto, non solo ai napoletani, ma a tutto il mondo. Quindi possiamo solo ricordarlo e grazie per avermi invitato qui per farlo”.

C’era il giorno della presentazione di Maradona a Napoli?

“Io c’ero. Il calcio era diverso. Oggi sarebbe impossibile far arrivare un calciatore del genere in Italia. Per l’ingaggio e per i costi. Il Napoli è l’unica squadra della città. A Milano ci sono due squadre: Inter e Milan. A Roma ci sono due squadre: la Roma e la Lazio. A Napoli c’è solo il Napoli. C’è una forte cultura identitaria che unisce tutti. Quando Maradona venne a Napoli aveva 23 anni. Aveva litigato con il Barcellona e non si trovava a suo agio nel calcio spagnolo. Il calcio inglese non era ancora alle stelle. Quando si seppe che il Napoli aveva comprato Maradona, a tutti noi tifosi ci sembrò incredibile. E’ come se oggi il Napoli prendesse Messi, moltiplicato per 10, a 23 anni senza che esiste nessuno a quel livello, come lo è oggi ad esempio Cristiano Ronaldo. Quel giorno in cui si seppe che il Napoli lo avrebbe presentato il 5 luglio al San Paolo ci fu una corsa all’acquisto dei biglietti. Il Napoli mise il biglietto a 1000 lire, come se oggi lo mettesse a un euro. Io ci andai con tutti i miei amici. Il San Paolo all’epoca aveva 80 000 posti, ma in realtà ci si entrava anche in centomila. Eravamo stretti, uno sull’altro. Quando lui entrò e si trovò tutto lo Stadio, noi percepimmo la sua sorpresa. Lui fece quei palleggi che avete visto. A noi sembrava già magico e quando mandò questo pallone in aria sembrò una promessa, una profezia di quello che avrebbe fatto. Ricordate che il Napoli non ha mai vinto niente né prima né dopo Maradona. Ma anche Maradona non ha mai vinto niente, nè prima, nè dopo Napoli. In quei 7 anni si realizzò quell’alchimia perfetta tra le due parti. Vinse un mondiale e gli fu tolto un mondiale nel 1990 in Italia. Napoli a quel tempo acquistò un’autostima per avere il calciatore più forte del mondo in rosa”.

“Napoli con Maradona ha imparato a non essere subalterna. Su 116 scudetti soltanto quei due scudetti sono stati assegnati a squadre sotto Roma, il Napoli in questo caso. Roma è un centro di potere. Non un centro di potere sportivo magari, ma lo è sotto il punto di vista politico ed economico. Allo stesso modo Firenze, Milano, Torino, Genova. Ci sono stati solo due scudetti, escluso quello di Gigi Riva al Cagliari, assegnati a una città del sud come Napoli. Con Diego Napoli ha imparato a non essere subalterna”.

Cosa ha significato la vittoria dello scudetto per Napoli?

“Ha significato tanto. Pensiamo che gli anni ’80 e ’90 sono gli anni del grande terremoto e dell’esplosione del potere camorristico in Campania che mise le mani su molti soldi pubblici che anzichè arrivare al popolo arrivarono alla Camorra. Sono stati anni difficili. Napoli era rotta, divisa. Maradona seppe unire tutti. Napoli ha avuto tanti conquistatori nella sua storia. Ogni volta che arriva uno, veniva accolto come liberatore, con una grande festa, ma si dimostra peggiore del precedente. Napoli non sa difendersi. Castel Dell’Ovo ha una sola batteria di cannoni che non sono puntati verso il mare, ma verso la città. Perché sapevano i governatori dell’epoca che i pericoli di Napoli non arrivano dal mare, dagli stranieri, ma arrivano dalla città stessa. Ai tempi dei mondiali, è falso che il San Paolo tifava per l’Argentina. Non ci disperammo per la sconfitta dell’Italia, provavamo simpatia per i sudamericani. Non fischiammo l’Italia e non applaudimmo l’Argentina. Fummo stranamente neutrali”.

Se Maradona non avesse vinto niente a Napoli sarebbe stato ugualmente venerato?


“Si, perché innanzitutto Napoli non era abituata a vincere dunque non vincere non sarebbe stata una tragedia. Ciò che ha colpito tutti è stato l’atteggiamento di Diego. Maradona era napoletano. Nei modi di fare, negli atteggiamenti e anche nel giocare. Era la ribellione del potere. Piccolo, storto, brutto com’era sapeva sfidare i potenti e vinceva. Era lo sberleffo, il pernacchio, la presa in giro nei confronti dei potenti. Ricordate il Napoli di Sarri. Il fatto che gli azzurri non abbiano vinto non lo rende meno bello, lo rendo addirittura più epico”.

Il rapporto tra Maradona e la piazza è stato troppo ossessivo?
“Abbiamo visto calciatori forti in questi anni a Napoli. Quando sono andati via, alla fine la sofferenza è stata diversa nonostante il valore che avevano. Lavezzi, ad esempio, era amato da morire. Non aveva fatto chissà quali grandi cose, non aveva un ruolo specifico che non si poteva sostituire, non ha segnato tantissimi gol. Perchè Lavezzi è stato più amato di Cavani che invece ha segnato e fatto molto meglio o rispetto ad Higuain che ha fatto il record assoluto di gol? Perchè alcuni calciatori entrano in sintonia con la piazza e assomigliano alla città. Quando Maradona si capì che voleva andare al Marsiglia, noi lo capimmo. E capimmo che nessun amore può diventare una galera. Mai per amore può incarcerare qualcuno. Non abbiamo smesso di amarlo nemmeno per un minuto anche se è andato via”.

“Maradona non si è mai dopato. Il doping è quando assumi sostanze per migliorare la prestazione. Lui non lo ha mai fatto. Le sostanze che assumeva Maradona gli impedivano di allenarsi e peggioravano la situazione. Era un uomo di una sportività e correttezza assolute. Quando risultò positivo alla cocaina rimanemmo tutti sconvolti, ma non perdemmo un grammo della stima verso l’atleta e lo sportivo che era. Maradona ha pagato tutti gli errori che ha fatto. Maradona non è il calciatore più forte di sempre, Maradona è un calciatore a parte, rappresentava una categoria a sé. Se vedete le partite di Maradona per tutti i 90 minuti percepirete la grandezza effettiva dell’uomo, aldilà dei dribbling e gol. Platini era l’alter-ego di Diego. Può essere l’esempio dei giovani, sempre perfetto e ligio. Maradona invece si drogava, andava a donne. Lui ha pagato per questi errori. E’ morto solo e ha sempre detto di aver sbagliato. Alla fine ha raccolto quello che ha seminato. Platini all’apparenza era la sportività in persona, poi si è visto chi era realmente senza maschere o apparenze. Maradona era un artista. Caravaggio era un assassino, aveva ucciso un uomo, ma noi lo ricordiamo per le sue opere e capolavori. Un artista va ricordato per le sue opere e non per la sua persona”.

Che cosa ha influenzato la figura di Maradona a Napoli e nello sport?

“Credo che Maradona abbia avuto il ruolo che viene dato ad ogni icona popolare. Pensate alla figura di Elvis Presley, Merlyn Monroe o Michael Jackson. Che effetto terribile su tutti ha avuto la loro scomparsa. Il loro valore popolare era enorme perché colpivano la fantasia di tutti. Maradona è entrato nella fantasia di tutti gli sportivi perché era il contrario di tutti gli stereotipi. Maradona nel 1987 viene contattato dal papà di un bambino di Acerra che doveva essere operato. Diego allora organizza una partita amichevole ad Acerra in un campo di fango per questo bambino, Se si faceva male lui o i compagni sarebbe stato gravissimo per la società. Lui assicurò tutti. E in pieno campionato portò la squadra a giocare nel fango ad Acerra. Pensate a Ronaldo che fa una cosa del genere oggi? Maradona era un uomo senza diaframmi, comprensibile, sempre sincero e aveva accesso immediato al cuore delle persone. Tutti capivano, guardandolo in faccia, che diceva le stesse cose che sentiva dentro di sé e pensava”.

Potrà esserci un nuovo Maradona?

“Io sono uno dei sacerdoti del culto di Maradona, eppure voglio dirvi una cosa impopolare. Io la 10 non l’avrei ritirata. Ogni generazione ha diritto al suo numero 10. I giovani hanno diritto al numero 10, così come l’ho avuto io. Non importa se sia vincente o il più grande giocatore di tutti i tempi. Il numero 10 è la fantasia e Insigne ha la fantasia. E’ discontinuo, forse solo Maradona era continuo. Ma il divertimento di giocare a pallone e il desiderio di rappresentare la propria città non è una cosa facile. Insigne, Totti avrebbero potuti andare via dalle loro squadre del cuore tante volte. La scelta di rimanervi e di portare la bandiera è una cosa fortissima. Insigne è un patrimonio di questa città. Io, che pure mi arrabbio con lui, devo ammettere che ha un sacco di coraggio e che gli voglio un gran bene e gli darei la 10”.

Sulle polemiche dopo le parole di Cruciani, Cabrini, Mughini, Parenzo, Pausini su Maradona… cosa ne pensa?

“Ho dovuto contare molto, non fino a 10, ma oltre, per non reagire male a queste parole. Attaccare Napoli è molto comodo per questi personaggi che si danno lustro e rilevanza. Quando mai avremmo dovuto parlare di Cruciani? Cosa rappresenta? Ha talento, arte? Perché parlare della Pausini? Non trovo un motivo per parlare di lei. Parenzo non so nemmeno chi sia. Mughini stesso. Ognuno può dire quello che vuole. Il modello non lo troviamo nello sport. Non è un modello di vita. Spesso viene detto che io rappresenti, nei Bastardi di Pizzofalcone, una Napoli bella rispetto alla Napoli brutta di Saviano in Gomorra. Si tratta in entrambi i casi di fiction. In Gomorra i personaggi o muoiono o vanno in galera. Perché io dovrei avere in Maradona un modello o non modello. Il modello deve darmelo la scuola, le istituzioni, non lo sport. Noi piangiamo chi vogliamo e nella maniera in cui vogliamo. Sia se esso rappresenti un modello o che non lo rappresenti. Io credo che loro abbiano voluto divertirsi a fare polemica per far vedere il loro nome sui giornali. Queste persone, dicendo quello che hanno detto, hanno qualificato loro stesse. Ricordo un aneddoto di Maradona di diversi anni fa. Eravamo a cena insieme e lui mostrò a tutti le foto di suo nipote. In quel momento non era un cocainomane, un alcolista, era un nonno orgoglioso, un uomo come tutti noi”.

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