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Maksimovic a Tmw: “Napoli-Verona? Non tirava una bella aria, Gattuso però ci diceva una cosa. Ammutinamento? La decisione di non andare in ritiro fu nostra. Festa scudetto? Ci sarò”

Nikola Maksimovic, ex difensore del Napoli, è stato intervistato da Tuttomercatoweb, dove ha raccontato della sua esperienza al Napoli.

Che rapporto hai avuto con Sarri?
“Ci conosciamo nell’estate 2016, io arrivo dal Torino l’ultimo giorno di calciomercato. Quindi non avevo fatto il ritiro e nei 20-25 giorni precedenti ero stato in Serbia perché per trasferirmi a Napoli dovevo fare questo, il presidente a Torino non aveva mantenuto la parola e io tornai a casa per forzare la mano. Arrivo e a quel punto oltre a rimettermi in condizione devo imparare la famosa linea difensiva di Sarri… Lui all’inizio mi dice: ‘A te serve tempo, vai piano, vai piano’. Ma poi il tempo passa, la squadra vince e le cose non cambiano. Sarri è una persona così, un po’ scaramantica, e non cambia quando le cose vanno bene. Lo vedevi anche nei cambi, erano sempre gli stessi e sempre allo stesso minuto”.

Il secondo anno sei presente già dal ritiro, eppure le cose non cambiano
“In estate mi confrontai subito con Sarri e gli dissi: ‘Mister, io voglio giocare e forse è meglio che io vada in prestito. Ci sono Koulibaly e Albiol, lo capisco, però per me così è difficile’. Lui invece mi chiedeva pazienza, mi diceva che ero giovane. Ma su di me c’era pressione, c’era attesa: io mi ero trasferito per quasi 30 milioni di euro ed era difficile per me accettare quella situazione che non cambiò. Mi metteva una partita, col Crotone feci anche gol, ma poi non mi schierava per 7-8 partite. E così per 3-4 volte. Questo atteggiamento del mister non mi è piaciuto tanto e forse per questo non avevamo un rapporto buonissimo”.

E quindi nella stagione dei 91 punti, a gennaio, decidi di andare in prestito allo Spartak Mosca
“A me serviva continuità, sei mesi dopo c’era il Mondiale in Russia. Quindi parlai con Carrera che mi promise di farmi giocare tutte le partite: fu davvero un uomo di parola, andai in Russia e mi fece giocare 12 partite. Fossi rimasto a Napoli ne avrei giocata una…”.

Sarri oggi dice: ‘Questo Napoli è più profondo come rosa rispetto al mio’. Però dal tuo racconto traspare che anche lui non aveva intenzione di dare spazio a tutti
“Ha sbagliato troppo da questo punto di vista. Per vincere lo Scudetto, per ottenere qualcosa di importante non puoi giocare solo con 12-13 giocatori come faceva lui, devi utilizzare tutta la rosa. Sarri è un bravissimo allenatore, uno dei migliori con cui ho lavorato. Ho imparato tantissimo soprattutto sulla fase difensiva, ma se utilizzi solo 12-13 giocatori, gli altri cosa pensano? Così si crea un’atmosfera negativa. Chi ogni giorno non giocava era arrabbiato con lui e non ero solo io, ce n’erano tanti altri. E’ stato il suo limite, non riuscì a sfruttare la rosa per ottenere qualcosa di importante e vincere lo Scudetto. Adesso è un’altra storia: parlando coi giocatori si vede, Spalletti cambia spesso e giocano anche i giovani che lo scorso anno non erano nemmeno in Serie A. Spalletti riesce a coinvolgere tutto il gruppo che è poi ciò che ha fatto anche Ancelotti, anche se in quel momento la Juventus era troppo forte, non si poteva far nulla”.

Spalletti oggi riesce a coinvolgere tutto il gruppo, Sarri ci riusciva solo con i suoi fedelissimi
“Guarda Elmas: ora entra dalla panchina e risolve le partite, Zielinski sente la fiducia e quando sente la fiducia gioca benissimo. Queste sono cose che la gente non vede ma io le so, li sento i miei ex compagni: con Zielinski ho giocato cinque anni, con Elmas due. Un giocatore quando si sente importante è felice e anche se gioca 10-15 minuti li sfrutta. Con Sarri invece non era così, quando entravi 10-15 minuti pensavi: ‘Va bene, ora entro ma tanto non cambia nulla’”.

Arriva Ancelotti e tu trovi molto più spazio
“Io tornavo dalla Russia e lui iniziava la sua avventura a Napoli. Gli dissi: ‘Mister, sono reduce da due stagioni a Napoli che per me non sono andate bene. Facciamo il ritiro così tu vedi cosa posso dare e poi a quel punto decidi se posso essere utile per questo Napoli oppure no. Se tu pensi che non posso essere utile vado via in prestito, non ho problemi’. Mi rispose subito: ‘Nikola io so tutto di te e voglio che tu resti qui. Ti assicuro che giocherai in questa stagione e lo farai benissimo’. Dopo non mi disse più nulla, ma in quella stagione giocai tantissimo e tutte le gare più importanti. Lui poi ha visto una cosa che magari altri non avevano visto: mi schierò anche terzino, fu il primo a vedermi in quel ruolo. La fiducia che mi ha dato Ancelotti non me l’ha data mai nessuno”.

Vi siete sentiti responsabili per come è finita l’avventura di Ancelotti a Napoli?
“La decisione di non andare in ritiro fu nostra, il presidente parlò di ritiro punitivo ma noi giocavamo ogni tre giorni ed eravamo sempre in ritiro. Perché aggiungere altri 10 giorni di ritiro? Per noi le cose non andavano risolte così e quando dico noi non mi riferisco solo a Nikola Maksimovic ma a tutti quanti. Ancelotti vide il gruppo unito e ci diede supporto. De Laurentiis interpretò male quella posizione, pensò che Carlo si era schierato dalla parte dei giocatori e non dalla sua parte. E quindi dopo un po’ lo mandò via… A me dispiacque, veramente, una persona come lui non l’avrebbe meritato. Lui ha fatto tantissimo per lo spogliatoio del Napoli, per la gente che lavora lì. Non era colpa sua, ma nemmeno colpa dei giocatori…”

Pagò l’aver compreso le vostre motivazioni
“Carlo aveva un rapporto da padre e da amico coi giocatori e questo non piacque al presidente. In quell’anno e mezzo ho parlato tantissimo con Carlo, è davvero una splendida persona e quando mi diceva qualcosa era davvero così. E poi io per Carlo in quel momento potevo fare tutto”.

Puoi raccontarci esattamente cosa accadde dopo il pareggio col Salisburgo?
“Ancelotti venne nello spogliatoio e ci disse: ‘Ragazzi, il presidente vuole che andiamo in ritiro, cosa volete fare?’ ‘Non andiamo in ritiro’, la nostra risposta. Ma io andai subito dal mister e gli dissi che quella era una decisione della squadra e che lui col suo staff era giusto andassero in ritiro, non era giusto far ricevere una multa a persone dello staff che guadagnavano pochi soldi decurtando loro il 50% di uno stipendio o uno stipendio intero. Quindi loro andarono in ritiro e noi andammo a casa. Il giorno dopo scoppiò il casino con tanto di multa… Pensa che io sono stato tra i 3-4 giocatori che poi quella multa l’hanno davvero pagata perché gli altri o hanno rinnovato il contratto e l’hanno risolta al momento della cessione”.

Tu invece vai a scadenza di contratto
“Perché il presidente e il mio ex procuratore Fali Ramadani non si mettono d’accordo sulla commissione. Io con la società l’accordo l’avevo trovato”.

Com’è andata?
“Io trovai l’accordo in un pranzo con Giuntoli e Pompilio, facemmo pure un brindisi. Era fatta. Poi due giorni dopo il presidente e il mio procuratore litigarono per la commissione. Mi dispiace tanto, io volevo restare…”

Quando accade tutto ciò?
“Era ottobre 2020, il giorno dopo la trasferta sul campo della Real Sociedad. Io, Giuntoli e Pompilio pranzammo insieme, feci anche una foto di quell’accordo: era un contratto di cinque anni con opzione. Prima di venire a parlare con me loro avevano senza dubbio parlato col presidente, era un accordo fattibile, e poi due giorni dopo Giuntoli mi chiama e mi dice: ‘Non possiamo fare più nulla, il presidente si è incazzato col tuo procuratore’. Gli risposi: ‘E io cosa posso fare?’ Mi rispose: ‘Nulla, aspettiamo e vediamo…’ Passerà il tempo e il rinnovo non arriverà più”.

Quindi tutto salta per una commissione
“Con De Laurentiis era sempre un argomento molto delicato. Il mio procuratore in quel momento prova a rassicurarmi dicendomi che un accordo l’avrebbe trovato, che con De Laurentiis erano amici, che al Napoli aveva Koulibaly e anche Demme. E io pensai: ‘Va bene, magari hanno davvero un ottimo rapporto’. Poi i risultati non aiutarono, Gattuso litigò con De Laurentiis e anche Giuntoli viveva un momento non semplice. Il presidente avrà probabilmente pensato che io ero dalla loro parte e a quel punto non se ne fece più nulla”.

Quando passate da Ancelotti a Gattuso cosa cambia per voi?
“All’inizio i risultati non erano buoni, non si riusciva a trovare continuità e ad alzare il morale ad alcuni giocatori che dopo quanto accaduto erano andati un po’ giù. Era normale… Gattuso però è stato bravissimo, una persona forte e un motivatore. In quel momento riuscì a tirare fuori il meglio da ognuno di noi. Così riuscimmo a rialzarci e a giocare bene, come voleva lui. Poi nella stagione successiva di nuovo siamo andati un po’ in crisi e Gattuso dopo la sconfitta casalinga col Milan voleva andare via, era il 22 novembre e perdemmo 3-1. Lui dopo la partita ci disse che sarebbe andato via, ci fece un discorso nello spogliatoio: ‘Sono arrivato che eravamo in una situazione difficilissima. E’ andato via Carlo, sono arrivato io. Ci serviva tempo per arrivare dove volevamo noi e ce l’abbiamo fatta, ma se ora stiamo andando giù io devo andare via, qualcosa si deve cambiare’. Poi non accadde, ma questo era il suo pensiero… Io di Gattuso posso parlare solo bene, ha fatto ottime cose per tutte le persone che erano lì e poi lui ha dovuto gestire il periodo del Covid, non era semplice”.

Le dimissioni quindi rientrano, ma già a metà stagione De Laurentiis decide di cambiare allenatore al termine del campionato 2020/21. Voi come avete vissuto quei mesi?
“Purtroppo queste cose nel calcio sono normali, succedono sempre. Però secondo me c’era ancora possibilità che rimanesse al Napoli, parlavamo spesso con lui e avessimo ottenuto risultati migliori lui sarebbe rimasto, secondo me. So che anche lui voleva rimanere: non era semplice lavorare col presidente ma ci diceva sempre: ‘Questo gruppo è il migliore che io abbia mai allenato’. Mi dispiace molto per quell’ultima partita”.

S’è scritto e detto molto sul pareggio con l’Hellas Verona. Come andò realmente?
“Non giocava Koulibaly, anche io ero fuori per Covid… Però quel pareggio fu soprattutto figlio di un problema mentale: quando devi vincere per forza va così. Cominci a sbagliare il primo passaggio, poi quella successivo e lì comincia tutto. Non senti più la sicurezza in campo. Però dopo il vantaggio la gara doveva essere chiusa, non puoi subire gol su contropiede, questo è sicuro. Mancò concentrazione. Iniziammo la partita con la paura di vincere, sapendo che in caso di vittoria saremmo andati in Champions e la Juventus sarebbe rimasta fuori dopo non so quanti anni. Ti posso dire la mia su quei giorni?

Prego
“Non c’era una bella atmosfera nello spogliatoio. Io devo andare via senza prolungare il contratto, Hysaj la stessa cosa. Altri giocatori avevano la sensazione di dover andare via, la società li spingeva ad andare via dicendo tramite i giornali che il budget doveva essere ridotto. Poi quando entri così negativo nella partita, sbagliando un passaggio a due metri, e sai che il mister va via a prescindere, tutto diventa più complicato. Gattuso è stato bravo, provò di tutto in quel momento e anche nei giorni precedenti alla partita. Ci diceva: ‘Se vinciamo andiamo in Champions, la Juve resta fuori e non c’è più bella cosa di questa. Se dobbiamo andare via, almeno andiamo via con questo risultato’. E sono sicuro che ognuno di noi avrebbe voluto ottenere quel risultato. Però purtroppo è andata così…”

Secondo te quella gara avrebbe potuto cambiare la tua storia a Napoli? Si sarebbe a sorpresa potuto riaprire il discorso rinnovo?
“Credo di sì. In quel momento fossimo andati in Champions sarebbe arrivato Allegri come allenatore. E so tramite alcune persone che lui aveva chiesto il mio rinnovo. Poi non so come sarebbe andata nella realtà, a me dissero così”.

Sarai a Napoli in caso di vittoria dello Scudetto?
“Assolutamente, sarò in città a festeggiare. Al 100%. Mi hanno già chiamato una ventina di tifosi della Stella Rossa che vogliono comprare i biglietti per Napoli per festeggiare lo Scudetto”.

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