ESCLUSIVA – Gennaro Scarlato a MN: “Rinunciai a parte dello stipendio per tornare a Napoli. Scudetto? Fondamentale lo scontro diretto con l’Inter. Sulla scelta di Insigne…”

Gennaro Scarlato, ex capitano del Napoli, ha parlato in un’intervista ai microfoni di MondoNapoli del suo passato all’ombra del Vesuvio e delle prospettive degli azzurri al giorno d’oggi.

Dopo una lunga trafila nelle giovanili, Scarlato (nato a Napoli così come il capitano attuale) è diventato a tutti gli effetti un calciatore della prima squadra nel 1996, per poi rimanerci fino al 2000, salvo una parentesi in prestito al Vicenza. Oggi allena la Primavera del Benevento.

Mister, come vanno le cose sulla panchina del Benevento? “Bene fino allo stop, domani riprendiamo dopo un mese dove non abbiamo giocato. Futuro? È normale che in prospettiva si ambisca ad allenare tra i professionisti”.

Cosa ha provato quando in Primavera ha saputo che Boskov voleva portarla in prima squadra (nel ’96)? “Io ho fatto tutta la trafila del Napoli, fino alla prima squadra. Già nel 93/94 con Lippi ebbi tre convocazioni, con Boskov era quasi un ritorno però c’è sempre tanta emozione perché per un giovane che inizia ad affacciarsi alla prima squadra, soprattutto se è la squadra che tifi, è un’emozione unica”.

Se è vero che in quegli anni lei è stato cercato dal Chelsea, cosa l’ha spinta a restare in Italia? “Io andai a Londra e mi richiesero, ma il mio intento era quello di smuovere le acque a Napoli. Si diceva che mi avrebbero fatto il contratto ma non mi chiamavano mai, quindi con quell’azione ho cercato di muovere un po’ la situazione”.

Nel ’98 il Napoli è retrocesso in Serie B. Che momento è stato per una squadra che otto anni prima si laureava per la seconda volta campione d’Italia e che di lì ad un anno avrebbe salutato un fenomeno come Maradona? “È impensabile che una squadra che vince due volte lo scudetto e lotta per le posizioni alte di classifica, non è bello ma quando sei giovane tante cose non le capisci o non ci dai peso, pensi solo a giocare e a fare il meglio possibile”.

Lei ha giocato praticamente in tutti i reparti in carriera, tranne in porta. Dov’è che si è trovato meglio e com’è stato passare dall’attacco alla difesa? “Mi sono trovato meglio da difensore, dove ho fatto gran parte della mia carriera e dove riuscivo ad esprimermi al meglio. Il cambiamento è stato radicale, ma forse mi ha aiutato l’aver giocato in diversi ruoli perché cercavo di capire tutti i movimenti degli attaccanti che dovevo marcare, in modo da essere più agevolato”.

Nel 2004 Scarlato torna a Napoli in prestito per una stagione, nella quale indossa la fascia da capitano. Era il primo Napoli di Aurelio De Laurentiis, reduce dal fallimento e che arrivò ad un passo dalla promozione in Serie B…

Cosa si prova ad indossare la fascia di capitano a Napoli e come influisce ciò a livello emotivo, ad esempio nel rapporto con la tifoseria? “Può influire negativamente se hai un carattere debole, a Napoli non è facile così come nelle piazze più calorose. Poi lo è soprattutto se sei del posto, nasci ed esordisci in Serie A con quella squadra. Devi avere le spalle larghe e parecchia esperienza per affrontare certe situazioni, però è altrettanto bello e unico perché ti senti importante e allo stesso tempo devi dimostrare che stai tenendo sul braccio una cosa importante e hai delle responsabilità”.

Cosa pensa della situazione Insigne, uno che con i tifosi non è mai andato d’accordo più di tanto? “Forse non andava d’accordo all’inizio, poi col passare del tempo il legame si è riunito. Lui ha fatto una scelta di vita, laddove la società non aveva più intenzione di puntare su di lui, quindi non possiamo giudicarlo sotto questo aspetto. Si è sentito di farlo, ha avuto l’occasione e l’ha fatto”.

Come reputa la sua scelta? Da cosa può derivare questa decisione di annunciare adesso l’addio, verso una destinazione dove non avrebbe potuto affrontare il Napoli? “Non è facile affrontare la squadra in cui hai giocato per tanti anni. Quando affronti il Napoli magari fai anche la tua miglior prestazione ma dentro di te hai un po’ il timore, ti chiedi se segnando un gol potresti fare un torto alla tua squadra del cuore”.

Ci racconta qualcosa della prima stagione sotto la gestione De Laurentiis e del play off perso contro l’Avellino? “Eravamo una società agli inizi, le cose venivano in automatico con l’aiuto di tutti quanti. Era un inizio incerto dal punto di vista dell’organizzazione e poi è divenuto quello che stiamo vedendo dal lavoro dalla società. Nel corso degli anni la dirigenza e i giocatori che sono passati da lì hanno fatto un ottimo lavoro. La finale persa? Forse doveva andare così, avevamo diversi infortunati e forse le scelte iniziali furono discutibili come Calai in panchina. Era destino che quell’anno non dovevamo salire in B”.

Molti di voi in quella stagione eravate in prestito e non siete stati confermati per la stagione successiva. Fosse dipeso da lei sarebbe rimasto e cosa c’è di vero nel suo rapporto con Reja? “Per venire a Napoli nel 2004 ho rinunciato anche ad una parte del contratto che già avevo scritto, avevo molta voglia di restare. Venivo dalla Ternana con la promessa che sarei rimasto definitivamente a Napoli. A gennaio mi fu detto che non era più possibile per ragioni di bilancio, poi al di là del fatto che possono esserci stati screzi tra me e Reja o tra me e Marino, è normale che da capitano rappresentavo tutti i compagni e gli interessi della squadra, e non avevo idee comuni. Ho fatto valere le ragioni del gruppo e se poi hai personalità e dici le cose come stanno, nel calcio ti possono far fuori”.

Sono passati tanti allenatori e calciatori forti per questa squadra da allora ad oggi, perché secondo lei non si è mai riusciti a raggiungere quel primo posto? “Perché forse il Napoli ha incontrato squadre più attrezzate. Forse con Sarri si poteva davvero vincere, magari facendo qualche ritocco a gennaio. In quel periodo c’erano squadre più pronte, così come gli altri anni”.

Lei ha conosciuto Spalletti. È l’allenatore giusto per provare a vincere qualcosa? “Credo di sì perché lui ha fatto e sta facendo un lavoro straordinario, ha un’esperienza incredibile ed è anche bravo nell’esporre verbalmente tutte le idee che ha. Entra nella testa del calciatore cercando di fargli tirar fuori il meglio di sé, anche se alla fine non si vince. Se quest’anno le cose vanno per il verso giusto si può lottare fino alla fine per vincere qualcosa”.

La rosa del Napoli è da scudetto oppure bisogna intervenire in qualche reparto per migliorarla? “Se facciamo dei paragoni, direi che l’Inter è più da scudetto ma rispetto alle altre il Napoli può vincerlo. È chiaro che deve sempre stare bene e deve avere la fortuna di non subire infortuni”.

Koulibaly è da anni il baluardo della difesa azzurra, è arrivato nell’anonimato ed è cresciuto sino ad affermarsi come uno dei difensori più forti al mondo. Cosa spinge secondo lei un giocatore di questo calibro a rifiutare palcoscenici importanti restando nella squadra che lo ha cresciuto? “Forse la voglia di vincere con una società che non è abituata a vincere, quindi vincere in un posto dove è più difficile vincere. Se vinci uno scudetto a Torino si festeggia per 1 o 2 giorni, se lo vinci a Napoli si festeggia per un anno intero”.

Vede Rrahmani come un titolare inamovibile, anche in prospettiva? “Ha dimostrato di saperci fare e di riuscire a comandare la difesa senza Koulibaly. Sapevo che era forte, ma negli anni addietro non esprimeva sempre il meglio di sé. Quest’anno invece sta facendo benissimo, merito anche di Spalletti che gli ha dato fiducia mandando via Manolas per tenerlo. In questo momento è giusto puntare su di lui, i fatti lo dimostrano”.

Dal dopo Higuain, il Napoli non ha mai avuto (al di là delle parentesi Milik e Mertens) un centravanti da 30-40 gol a stagione, e forse è proprio l’elemento che manca ad oggi. Pensa che Osimhen, infortuni permettendo, possa diventarlo? “Mertens è stato l’ultimo bomber dopo Higuain anche se non ha le caratteristiche da bomber. Osimhen ha fatto un grande inizio di stagione, si vedeva che poteva diventare un ottimo centravanti. L’infortunio lo ha frenato, dobbiamo vedere come sarà la ripresa di condizione. Senza infortuni ci si può puntare, ma anche lui ha caratteristiche diverse dal bomber vero”.

Lei ha un pronostico per questo campionato? “Vedendo l’inizio avrei detto il Napoli, che realmente potrebbe vincerlo. Poi ho visto la ripresa dell’Inter e il calo degli azzurri, quindi adesso dico Inter. Ma se il Napoli batte il Venezia e arriva a vincere anche lo scontro diretto con l’Inter, allora ci può credere. Però se non si vince lo scontro diretto, l’Inter è favorita”.

Perché secondo lei la Nazionale si è ridotta a giocare i playoff per andare i Mondiali? Pensa che alla fine ci andremo? “In partita purtroppo ha avuto la sfortuna di non realizzare un paio di rigori, magari con un rigore un po’ più fortunato saremmo stati già dentro. Adesso siamo costretti a rincorrere e a vincere gli spareggi. Io mi auguro di andare ai Mondiali perché non voglio pensare ad un mondiale per due volte di fila senza l’Italia, non lo vedrei neanche”.

Articolo precedenteAccostato al Napoli, ora Veretout per la Roma non è più incedibile: il punto
Articolo successivoUFFICIALE – Vlahovic è della Juventus: depositato il contratto in Lega