IL PRECEDENTE – Ancelotti sullo Special One: “Ci può stare dopo 90 minuti di insulti, reazione ironica e non volgare”

Nel corso della conferenza stampa odierna, il tecnico del Napoli, Carlo Ancelotti, che coi tifosi bianconeri non ha un grandissimo rapporto, risponde in maniera chiara alla domanda: “Cosa ne pensa del gesto di Mourinho? Sono davvero così insopportabili i tifosi della Juventus?” – Come? Non ho capito bene”. Portandosi la mani all’orecchio, proprio come lo Special One all’Allianz Stadium.

Poi l’allenatore azzurro ha aggiunto : “Ognuno di noi che va sul campo, ha una responsabilità e bisogna tenerlo presente sempre. Essere insultati per 90 minuti però non fa certo piacere. Reazione comprensibile, anche perché non è stata una cosa volgare ma ironica. Ci può stare dopo 90 minuti di insulti. Non mi riferisco solo alla Juventus, quella dell’insulto è una cultura generale in Italia. Accade anche a Napoli, a Milano”. 

Ancelotti e i tifosi della Juventus non si sono mai amati, neppure nel momento in cui “Carletto” stava portando la Vecchia Signora al 26° scudetto poi naufragato nello stadio di Perugia, nell’anno 2000.

I tifosi bianconeri non hanno mai perso l’occasione di sfogare contro Ancelotti la rabbia di quel titolo perso in extremis, addirittura creando un che recitava frasi poco carine contro il tecnico. Fu cantato dalla curva bianconera nelle due stagioni a Torino di Ancelotti.

Nel febbraio 1999 si erano concretizzate le manifestazioni di rabbia in uno striscione di cattivo gusto, esposto allo stadio Garilli di Piacenza in occasione del debutto ufficiale del tecnico reggiano al posto di Marcello Lippi e che riportava la solita frase “Un maiale non può allenare”, con tanto di muso di un suino. Un pessimo inizio.

Milan, Inter e Juventus si affrontavano nel Trofeo Tim, un antipasto di campionato che nessuno voleva perdere. Ancelotti era alla sua ottava stagione sulla panchina rossonera e da qualche tempo il rapporto con il pubblico bianconero, per quanto difficile, si era tramutato in una sostanziale indifferenza. Ma quel giorno, complice forse il caldo estivo, gli juventini in curva sud rispolverano il solito coro. Ancelotti non ce la fa più, si gira verso di loro e alza il dito medio. “Non ne potevo più”, le sue parole.

Torino non mi piaceva. Troppo triste, lontana un paio di galassie dal mio modo di essere. La Juventus era una squadra che non avevo mai amato e che probabilmente non amerò mai, anche per l’accoglienza che qualche mente superiore mi riserva ogni volta che torno. Per me è sempre stata una rivale. Era un ambiente totalmente nuovo per me. Non mi sono mai sentito a casa, mi sembrava di essere l’ingranaggio di una grande azienda. Per il sentimento, prego, rivolgersi altrove”, queste le parole affidate alla sua autobiografia.

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