Lippi: “Bravo Sarri a mantenere l’efficacia offensiva dando equilibrio alla fase difensiva, ma il suo capolavoro è questo…”

Marcello Lippi, ex tecnico del Napoli e dell’Italia Campione del Mondo, ha lasciato delle dichiarazioni importanti ai microfoni di Calciomercato.com sulla sua voglia di ritornare ad allenare una squadra di calcio e sull’andamento degli azzurri.

BATTUTA SUGLI ANNI. “Ho letto un’intervista a Jean-Paul Belmondo, gli dicevano che si era sentito male perché aveva una ragazza di ventotto anni e lui li mandava a quel paese. Da quando sono arrivato a cinquanta, sosteneva Belmondo, per me non è mai cambiato nulla, perciò a chi mi chiede quanti anni ho rispondo sempre: cinquanta. Mi ci rivedo in questa frase, cinquanta o sessanta, è tutto uguale. E io dico come lui, come Belmondo: ad aprile compio per la diciottesima volta cinquant’anni”.
TORNARE AD ALLENARE. “Quando sono tornato dalla Cina pensavo di aver smesso. Dopo poco ho capito che avevo ancora bisogno di calcio. Solo che non ce la facevo più a stare così lontano dalla mia famiglia, a tornare a casa ogni sei mesi. Oggi però me la sento di rimettermi in discussione e dico: io ci sono, io sono pronto, con tutto me stesso. Se poi un’occasione non arriva, pazienza”.

COME ALLENATORE O DIRETTORE TECNICO?
“Io sono un allenatore di calcio ed è questo il ruolo nel quale mi vedo anche in futuro prossimo. Mi è sempre piaciuto lavorare con i calciatori, trasmettere loro ciò che so, costruire un gruppo di uomini: sono carico, disposto a farlo ancora. Poi è chiaro che se capitasse un’opportunità diversa ci penserei…”.

CAMPIONATO EQUILIBRATO?
“Cinque squadre a distanza di quattro punti è qualcosa di meraviglioso. Tutto questo è successo perché la Juve ha rinnovato tanto e a inizio stagione ha avuto gli infortuni di Marchisio e Khedira. A quel punto è andata in difficoltà, ora che sono tornati tutti, ha ricominciato a vincere e ha agganciato le altre. Così adesso sono cinque lì assieme e tutte possono vincere lo scudetto”.

FAVORITA?
“Tanti dicono che è la Juve e magari è vero, perché è quella più abituata a vincere. L’Inter è una squadra molto solida, con un allenatore preparato e intelligente come Mancini. E anche le altre…”.

IL NAPOLI? 
“C’è da valutare bene il lavoro di Sarri. L’anno scorso il Napoli ha segnato settanta gol, appena due in meno rispetto alla Juve campione, ma ne ha subiti quasi quanti le squadre che sono retrocesse. Il nuovo allenatore è stato bravissimo, perché è riuscito a conservare le reti della fase offensiva e nello stesso tempo a dare equilibrio alla difesa. Ma il suo vero capolavoro è stato un altro”.

QUAL E’ STATO IL VERO CAPOLAVORO?
“Ha fatto capire ai campioni quanto sarebbe stato utile seguirlo. Avete visto come lo considerano, come lo stimano? Basta vedere l’atteggiamento di Higuain per comprendere quanto sia rispettato l’allenatore all’interno del Napoli”.

SARRI E LA GAVETTA. 
“La gavetta è importante. Lo dico sempre ai miei giocatori quando smettono e pensano di fare l’allenatore, tutto vi serve per capire se davvero questa professione vi piace anche tra i dilettanti, anche con i giovani c’è bisogno di costruire un gruppo, di impostare una squadra… Poi là si comprende quale sia la propria vocazione. Io, ad esempio, dopo un po’ di tempo con la Primavera ho capito che avevo bisogno della classifica, dell’adrenalina del risultato: ho salutato, ho ringraziato e sono andato in C”.

SOUSA E’ STATO UN SUO CALCIATORE. COSA CI PUO’ DIRE? 
“L’ho incontrato poco fa a Genova, prima di Samp-Fiorentina, e abbiamo parlato di ciò che sta facendo di bello con i viola. Mi ha impressionato la sua capacità di comunicare: si è proposto in modo bello e intelligente a Firenze, all’ambiente, ai tifosi, e tutti lo hanno seguito. Anche se in realtà l’unico giocatore della mia Juve che pensavo sarebbe stato un grande allenatore è Deschamps, per il modo di stare in campo, per il modo di rapportarsi a me. Certo che, rivisto oggi, il mio primo centrocampo nella Juve ne aveva di acume tattico: Deschamps allenatore della Francia, Conte ct dell’Italia, Sousa tecnico della Fiorentina. Non male…”.

CONTE? “Proprio così, già allora Antonio era un condottiero, un combattente, in campo e fuori dal campo. E tale è rimasto oggi. Ma di Sousa mi colpisce un altro aspetto”.

LA ROMA?
“Certo che lo è, in fin dei conti è appena quattro punti dietro l’Inter con le difficoltà che ha avuto. Ma è una grande squadra, deve solo trovare il modo per sfruttare al massimo i suoi attaccanti. Il ritorno di Totti farà il resto”.

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