Callejon: “Doha ha cambiato la nostra stagione. Gol? Manterrò la mia promessa! Vi svelo il giocatore che mi ha impressionato di più…”

José Maria Callejon, attaccante azzurro, ha rilasciato una lunga intervista a Il Corriere dello Sport. Tanti i temi toccati dallo spagnolo:

Vediamo se è preparato, Callejon…
«So tutto: segno meno di un anno fa, ma mica tanto; ho gli stessi gol in campionato, nove, e mi mancano quelli in Europa e quelli in coppa Italia, per un totale di quattro reti».

Promosso….
«E però mancano ancora cinque mesi ed io sono uno che mantiene le promesse: avevo annunciato che avrei segnato ventuno gol e ci riuscirò, perché voglio battermi».

Aveva pure sostenuto, mica tanto tempo, che forse per lo scudetto c’eravate anche voi.
 
«Forse. Però la Juventus sta andando fortissima e devo dire che, complessivamente, sta meritando. Certo, contro di noi hanno deciso i dettagli, però giocano bene, nulla da obiettare. E’ chiaro che un pensierino io continuo a farlo, ma certe cose vanno sostenute poi sul campo. Per il momento, complimenti a loro».

E il secondo posto potrebbe (potrebbe) diventare una storia a due tra la Roma e voi.
 
«Sono in vantaggio, ma hanno qualche problema: hanno perso De Rossi e Strootman, è partito Destro, non riescono a vincere con la stessa continuità del passato. Sarà una sfida appassionata, che riguarderà anche le altre: la Lazio piace, diverte, ma anche le altre hanno contenuti: penso alla Sampdoria, ad esempio; e poi ci sono le solite, la Fiorentina, l’Inter, il Milan, lo stesso Genoa che ci ha fatto soffrire».

Il Napoli è cambiato.
«A Doha, quella è stata la svolta, soprattutto psicologica. Ci siamo sentiti diversi dentro, abbiamo dimostrato a noi stessi di poter battere anche i campioni d’Italia; è stata fiducia, autostima, ma anche una bella dimostrazione di calcio».

Quando giocate come sapete…
 
«Non ce n’è per nessun’altra, vero. Ci sono partite fantastiche, nelle quali siamo riusciti a mostrare ciò che sappiamo fare. La gente è uscita appagata dallo stadio, ma anche noi».

Però avete vissuto quattro mesi di inferno…
«Il ricordo di Bilbao ce lo siamo portati appresso per un bel po’, forse nell’inconscio più di quanto avremmo dovuto. Ne siamo usciti alla distanza, ma il retaggio è rimasto».

Soprattutto in lei…
«Ci penso ancora, a volte, anche se adesso ci rido su. Ma avevo visto quella palla arrivare, sentivo che era tutto giusto, la forza, il peso, la traiettoria, solo che ho valutato male: l’aspettavo su un piede, me la sono ritrovata sull’altro».

Si consoli, ha fatto di peggio.
«Immagino si riferisca a Bergamo. E neanche io so darmi una spiegazione. Però segnare all’Athletic avrebbe significato altro, ovviamente; ma devo dire che pure quel gol con l’Atalanta era impossibile da sbagliare».

Le piacciono quelli belli…
«Ma anche banali, come a volte quando devo semplicemente accompagnarli dentro, perché El Pipita mi mette in condizione di appoggiare il pallone in porta. O sporchi, come quello con il Torino».

Faccia la classifica delle prodezze di Callejon.
«Lascio al giudizio dei lettori: io cito quello con l’Atalanta in Coppa Italia, nella passata stagione; quello con l’Inter di sinistro, quest’anno, al Meazza; quello con la Fiorentina, un anno fa».

Indiremo un referendum…
«Io devo pensare a colmare l’handicap che mi resta per arrivare a ventuno. E negli ultimi periodi la vena si è un po’ inaridita. In compenso c’è chi provvede».

Segna sempre Higuain.
«Che è il nostro leader, il trascinatore, l’uomo in grado di fare la differenza, perché ha un talento smisurato. Lo conosco da troppi anni e so quello che vale, so quello che è in grado di offrire. Noi ne cogliamo i vantaggi, sia in partita che in allenamento. Averlo al fianco è un privilegio».

E’ il suo momento.
«E’ sempre il momento di Higuain. E’ nato per fare gol. Io, ad esempio, ho caratteristiche diverse: ragiono prima da centrocampista, so che devo garantire gli equilibri alla squadra, che devo coprire. Poi, avendone la possibilità, segno».

In Nazionale c’è andato perché è diventato un bomber o perché il Napoli le ha dato visibilità, spazio e anche gloria?
«Per entrambe le cose, penso. E quindi devo riprendere con la mia media. E’ stata una soddisfazione e voglio viverla ancora, ma perché ciò accada devo meritarla».

Cosa sogna Callejon?
«Tante cose assieme: fare un Mondiale con la maglia della Spagna e magari vivere una finale; tornare a giocare sul campo del Real Madrid, con la maglia del Napoli, e sfidare la mia squadra del cuore in Champions, meglio ancora in finale; giocare con mio fratello-gemello….».

Che dicevano fosse più bravo di lei…
«Da ragazzo, era questa la convinzione. Poi le carriere hanno preso pieghe diverse, ma in ciò ha inciso il caso…».

Due gocce d’acqua…
 
«Anche nella postura, nelle movenze. Per riconoscerci, bisogna viverci assieme per un po’, altrimenti è facile ingannarvi. E’ venuto qua un mese fa, io avevo l’influenza, e il mister voleva portarlo in campo al posto mio per vedere in quanti se ne sarebbero accorti: secondo me, nessuno».

Lo scherzo più divertente che avete costruito, giocando sulla somiglianza?
«Fu per caso, anni fa. Io ero al Real, avevo la sosta, e decisi di andare a vedere la sua partita. Giocava di domenica, alle dodici. Al sabato sera io uscii con gli amici, lui rimase ovviamente in casa. Mi portarono in discoteca, cosa strana per me, ma mi aggregai. E mentre ero lì mi venne vicino un tifoso, un po’ preoccupato: che fai qua, non è tardi? Tra un po’ comincia la partita…Gli spiegai che ero il gemello di Juanmi e faticò a prendermi sul serio…».

Molto più che legati…
«Sentiamo il valore della famiglia, abbiamo affinità e proviamo affetto, amore, l’uno per l’altro».

Sua figlia India la fa dormire?
«Di notte è brava, di giorno comincia ad essere vispa: ha dieci mesi, promette bene, perché ho il sospetto che tra un po’ muova anche i primi passi… Mi piace fare il papà».

Ha imparato a «digerire» Napoli…?
«Ma l’abbiamo fatto subito, sia io che mia moglie. Ci sono analogie con la Spagna, soprattutto nel traffico; qui è tutto meno imponente, rispetto a Madrid. E comunque qui siamo stati immediatamente bene, accolti con simpatia. Abbiamo amici e almeno una volta a settimana si va fuori a cena. Io sono molto riservato, preferisco stare in casa, ma il calore della gente è contagioso».

Se l’è goduta tanto…
«Con una bimba piccola, si fa quel che si può. Ma siamo stati a Capri, Ischia e Positano, abbiamo girato il giusto e, quando sarà possibile, vorremmo andare sul Vesuvio. Ci avevamo provato giorni fa, poi venne un freddo terribile ed abbiamo rinunciato. Ma è una tappa».

Torniamo a Madrid.
«Sono arrivato a quattordici anni e già tifavo Real. Pensi un po’ cosa ha significato per me, indossare quella maglia. Il club più titolato, il più conosciuto, il più amato. Ma volevo giocare di più ed ho dovuto scegliere: è arrivato il Napoli ed è stata una opportunità troppo importante, che non potevo lascarmi sfuggire di mano».

L’unico che «unisce» Mourinho e Benitez è José Maria Callejon.
«Con Mou ho avuto la possibilità di giocare nel Real Madrid, al fianco di campioni di spessore impressionante. Con Benitez sono arrivato a Napoli, ho conquistato la Nazionale e per il momento anche una Coppa Italia e una Supercoppa, oltre a trovare una mia personale dimensione. Per me sono bravissimi, entrambi».

Cosa chiede adesso a se stesso?
«In Europa League possiamo fare strada, anche se non è per nulla semplice. Ma un pensierino ce lo facciamo, ovviamente. In Coppa Italia si è già nel vivo, mercoledì prossimo abbiamo una sfida delicatissima, contro una Grande. Però c’è il campionato….».

Facciamo un giochino…
«E facciamolo… Si può andare avanti ovunque e si può puntare anche al secondo posto».

Vuole tutto.
«Voglio vincere, ma non sono un gradasso, direi che sono abbastanza moderato. Il prossimo pensiero è il Chievo, che all’andata ci ha portato via tre punti. La cosiddette provinciali ci sono costate tanto nella passata stagione e pure in questa, vuol dire che è una questione di testa: perché se rivediamo certe gare…».

Il calciatore italiano più forte?
«Non cambio idea: Pirlo mi incanta».

Quello che la sta impressionando di più?
«Direi che Pogba, mamma mia, non finisce mai di stupire. Migliora di partita in partita, è un top player assoluto».

Se chiude gli occhi a cosa pensa…?
«Al clima della Champions, che non ha eguali. Il Real ha vinto la decima quando sono andato via… La Champions è il calcio, in tutte le sue componenti. E’ quella atmosfera che rapisce noi calciatori, me in particolare. Si gioca a certi livelli, contro avversari di spessore: ti senti diverso, vivendola».

Le è mancata…
«Certo che sì. E’ stato dolorosa essere eliminati, ma non ci andò bene nelle due partite. Fummo anche sfortunati, né capitammo nel nostro momento migliore. Ma ormai stiamo scrivendo altre pagine».

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