Il Napoli mostra qualche limite, ma ha una luce: Fabian Ruiz

Fonte foto: SSC Napoli
Umano, troppo umano

La sconfitta contro l’AZ ha evocato spettri, riesumato antiche incertezze. Nonostante il dominio territoriale – e nelle, seppur rare, occasioni –, il Napoli ha fatto il «solletico» agli olandesi. La retorica non si placa, naturalmente: e se il trionfo sull’Atalanta aveva riportato il Napoli sull’Olimpo del calcio italiano, il crollo di ieri ne è una tragica conseguenza.

Per chi non ha misura, almeno. Oggi La Gazzetta dello Sport ha proclamato «un bagno di umiltà». Altrettanto spregiudicato è Il Corriere dello Sport, secondo cui il Napoli ha avuto «la testa tra le nuvole» per un’Europa League che sembra «un fastidio». Dimenticando già, e non era in discussione, che il Napoli non può vincere in maniera brillante ogni partita.

Il Napoli, al di là delle vuote polemiche sull’umiltà e il fastidio europeo – che puntualmente giustificano le squadre italiane per lo scarsissimo rendimento in Europa League, ché di Champions è meglio non parlarne –, è stato sterile. Dopo la prova divina contro l’Atalanta, è ritornato umano. Forse troppo. Ha pagato l’ingenuità del suo miglior difensore, Koulibaly, sull’unica azione pericolosa degli olandesi.

La squadra di Gattuso non ha concretizzato le palle goal di Mertens, Osimhen e Petagna; il che si è unito a una prova arcigna e valorosa dell’AZ, che è stata spesso costretta a difendere con un pragmatico quanto inusuale 6-2-2. L’attacco a una difesa bassa e compatta è forse l’unico limite al momento per gli azzurri, che sono andati in difficoltà nel cucire il gioco negli ultimi metri. In questo senso, sarà importante recuperare Insigne e Zielinski, i due talenti più importanti del Napoli (insieme a Mertens) a rimanere precisi nelle giocate anche in spazi stretti.

La luce

Nella prestazione piuttosto incolore – e che rientra nelle logiche del processo di maturità di una squadra che ha un centravanti titolare di 21 anni –, si è però stagliata la luce indiscutibile di Fabian Ruiz. Ieri Gianni Di Marzio, ex allenatore del Napoli, ha detto a Canale 21 che «Fabian Ruiz è il cuore del Napoli, e a una squadra non puoi fare un trapianto di cuore».

Effettivamente, lo spagnolo è parso, soprattutto nel primo tempo, il battito reale del Napoli. Con compiti da regista puro, si è spesso abbassato sul centro-destra, nella zona di Di Lorenzo, per ripulire il pallone dalla difesa. Anche se ha dimostrato in più occasioni la sua utilità anche 20 o 30 metri più in avanti. Non a caso, l’azione più brillante è stata l’uno-due con Mertens sulla trequarti dell’AZ, che – abbinata a delle giocate “alla Redondo”, come ha detto Lele Adani in telecronaca – ha mostrato proprio la pulizia del palleggio di Fabian in qualsiasi zona del campo.

Dopo due anni di alti e bassi (in quest’ordine), pare confortante la crescita nelle responsabilità e nella continuità di prestazione di uno dei centrocampisti potenzialmente più forti e ambiti in Europa. Fabian è classe pura, il numero otto compassato e baciato dal talento che pare uscito dalla fine degli anni ottanta. Uno dei pochissimi calciatori che ancora sterza e dribbla gli avversari non tanto per partire in slalom a velocità mortifere, quanto per consolidare il possesso.

Se il Napoli ha dimostrato di avere qualche limite, e di dover crescere ancora in lucidità per puntare a vincere da subito, è altrettanto chiaro che dopo le recenti prestazioni, Fabian è il cuore della squadra. E a una squadra il cuore non puoi davvero trapiantarlo.

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