Serve distanza tra i giocatori, quindi come si riparte?

Lo stadio di Marassi desolatamente vuoto, la partita Genoa-Palermo si svolge a porte chiuse, 13 maggio 2012, allo stadio Luigi Ferraris di Genova. ANSA/LUCA ZENNARO

Gli allenamenti sono ricominciati per la maggior parte delle squadre di A, mancano pochi club ormai all’appello. L’ex arbitro Rizzoli, di spessore nazionale ed internazionale, ha dichiarato che servirà la giusta distanza tra i giocatori per evitare ulteriori contagi e situazioni imprevedibili. Non è dunque una situazione chiara e sicura, nessuno garantisce un distanziamento impeccabile e immune al contagio. In campo, quando ci si ritroverà in 11 contro 11, sarà difficile se non impossibile badare alla distanza necessaria.

Per ora non c’è nessuna novità, Spadafora aspetta un confronto con la FIGC e probabilmente lascerà l’ultima parola al Governo. Concludere il campionato è una possibilità come non terminarlo, per ora è un punto interrogativo. Troppa responsabilità si cela dietro una scelta che sa di vita o di morte, una ragione di Stato. Non è solo uno sport, non possiamo più considerarlo così. Alla curva dei contagi spetterà dare il resoconto finale.

Ma la vera domanda, quella centrale, è questa: ripreso il campionato e la vita sociale di prima, bisognerà aspettare il vaccino per garantire l’immunità allo sportivo e al cittadino? La risposta sarà quella decisiva, dal momento che, se si riparte, la distanza non si controlla in una marcatura a uomo. Non si controlla in un corner oppure in un calcio di punizione.

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